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LUGANOCon "La Extravagancia" Anahì Traversi si fa in tre

30.04.14 - 07:00
Stasera e domani, alle 20.45, il Teatro Foce ospiterà la pièce "La Extravagancia #0", progetto di e con Anahì Traversi tratto dall'omonimo testo dell'autore argentino Rafael Spregelburd.
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Con "La Extravagancia" Anahì Traversi si fa in tre
Stasera e domani, alle 20.45, il Teatro Foce ospiterà la pièce "La Extravagancia #0", progetto di e con Anahì Traversi tratto dall'omonimo testo dell'autore argentino Rafael Spregelburd.

LUGANO - Alla morte della madre, tre gemelle (tutte interpretate da Anahì) si ritrovano a fare i conti con una nuova verità: una di loro è stata adottata. Chi delle tre, però? In un clima assurdo e stravagante, la commedia si sviluppa attorno all’incomunicabilità familiare e all’assidua ricerca del vero, dell’autentico…

Anahì, come hai scoperto il testo di Rafael Spregelburd? 
"Grazie alle recenti messinscena dei suoi testi da parte di Luca Ronconi, con cui ho studiato al Piccolo Teatro di Milano. Sono per metà argentina, e questo aspetto mi ha ulteriormente stimolata nella voglia di conoscere e approfondire un autore contemporaneo così vitale, forte e al tempo stesso visionario".

In particolare, cosa ti ha spinto a portarlo sul palcoscenico?
"In “La Extravagancia” non si riesce a individuare la finzione o la realtà, cosa è assurdo e cosa è invece reale. Questa è la virtù del testo, che riflette da vicino la nostra esperienza di vita quotidiana: chi non si è mai chiesto se le cose che gli capitano - le relazioni, gli accadimenti, i pensieri - sono reali e oggettivi, o se invece sono proiezioni della propria mente?"

Quali le differenze nella tua rielaborazione rispetto al testo originale?
"Con Fabrizio Rosso (regista e autore dei video) abbiamo cercato di creare un immaginario visivo di ampio impatto. L’utilizzo del video - già previsto dal testo dell’opera - viene ulteriormente amplificato in modo da cancellare i confini del palco e della scenografia, per andare oltre i limiti fisici del teatro".

Come è strutturata la pièce?
"Il testo riporta i tentativi di comunicazione tra tre sorelle gemelle. Dopo molti anni di separazione cercano di parlarsi - anche per risolvere un concretissimo problema di malattia ereditaria - ma nessuna delle tre riesce a rinunciare all’amor proprio per dedicarsi pienamente alle altre".

Fabrizio Rosso, oltre a curare la regia, si occupa dei video… In quali termini?
"Una delle tre sorelle è una conduttrice televisiva rappresentata dall’autore sempre e solo in video. È stata quindi una necessità imprescindibile avere un regista per la scena in grado di padroneggiare - con creatività e libertà - anche il mezzo cinematografico. E in questo Fabrizio ha già dimostrato di essere un creatore unico, dalle sue collaborazioni con Stockhausen agli spettacoli multimediali “Lanterna Rossa”, alle partecipazioni alla Biennale di Venezia, all’esperienza presso la Usc di Los Angeles".

Le musiche sono di Zeno Gabaglio… Suonerà dal vivo?
"La tipologia e i contenuti del testo non presentano sufficienti motivi per avere il musicista in scena. Credo che nel teatro la musica dal vivo debba avere delle ragioni forti: drammaturgiche e visive; non può essere solo la (pur bella) orchestrina che riempie le pause. Abbiamo perciò lavorato in studio di registrazione continuando a modificare la componente sonora man mano che lo spettacolo procedeva anche scenicamente".

A interpretare le tre sorelle, in scena, ci sei soltanto tu… Perché questa scelta?
"L’autore ha scritto il testo pensando precisamente a un’attrice sua collaboratrice. È sempre stato sottolineato il fatto che le tre sorelle dovessero essere interpretate da una sola attrice. Immagino perché così si creano una curiosità e un’ambiguità maggiori (i personaggi sono davvero tre oppure sono tre sfaccettature di un’unica persona?) e di certo il risultato complessivo ne guadagna in divertimento".

Alcune compagnie hanno portato in scena lo spettacolo con tre attrici, però…
"A discapito della volontà dell’autore esistono effettivamente versioni con tre attrici e altre con una sola. È però anche vero che Spregelburd proviene da un ambito di teatro-collettivo, dove le idee si cambiano e si distruggono continuamente, perciò la libera interpretazione dei suoi testi non credo possa esser letta come un sacrilegio".

Tu sei un’attrice professionista… È difficile vivere di solo teatro in Ticino?
"Lavoro un po’ in Ticino e un po’ in Italia. Vivere di solo teatro non è certo facile, nel nostro cantone come in tutta l’area di cultura e lingua italiana. È anche vero che la scena ticinese appare oggi attiva più che mai, e credo che questa crescita multiforme potrà essere definitivamente sancita quando i vari promotori di teatro riusciranno a uscire con regolarità dai confini cantonali".

Hai partecipato alle riprese di diverse produzioni cinematografiche, tra cui “Tutti Giù” (Svizzera, 2012) di Niccolò Castelli. Vorresti tornare ancora sul set, oppure preferisci focalizzarti esclusivamente sul teatro?
"Il cinema e il teatro sono molto diversi per tecnica di recitazione, tempistiche e approccio lavorativo. Mi piacerebbe molto fare cinema, ma so che se dovessi farlo mi dovrei prendere una pausa dal teatro o viceversa". 

Chi sono i tuoi attori di riferimento?
"Sono tanti gli attori che apprezzo sia teatralmente che cinematograficamente. Nel teatro ho sempre amato Maria Paiato ed Ermanna Montanari, mentre nel cinema rimango ogni volta colpita da attrici come Isabelle Huppert ed Emily Watson".

Quando è iniziata la tua passione per la recitazione?
"Quando ero alle elementari e frequentavo il corso di teatro delle scuole..."

Quando hai capito che la recitazione sarebbe potuta diventare la tua professione?
"Nel momento in cui ho deciso di iscrivermi alla Scuola del Piccolo di Milano e, soprattutto, quando sono stata scelta - tra i 30 ammessi su 700 candidati - ho capito che i giochi si facevano improvvisamente più seri".

Nel 2012 hai lavorato per Riccardo Muti, mi racconti com’è andata?
"Si trattava di un nuovo allestimento della Sancta Susanna di Paul Hindemith, con la regia della figlia Chiara Muti. Nell’opera sono previsti due personaggi (una coppia di ragazzi) non cantanti ma attori. Dovevamo inscenare un fugace incontro amoroso (in tedesco!) e ricordo che Riccardo Muti - gioviale ben oltre le descrizioni che lo ritraggono come un maestro austero - ad ogni mia ripetizione dei gemiti femminili scritti in partitura mi prendeva in giro chiedendomi di enfatizzarli ancor di più".

Dopo “La extravagancia #0”, quali i tuoi progetti?
"Nella prossima stagione sarò parte della nuova - ambiziosa e davvero coinvolgente - produzione di Flavio Stroppini per il Teatro Sociale di Bellinzona. Sto anche coltivando l’idea di un mio nuovo spettacolo su testo svizzero ma, essendo noi attori vittime consenzienti della più torbida scaramanzia, preferisco non rivelare nulla di più finché non ci saranno elementi concreti!"

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