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Gli adulti a confronto con il valore delle parole.
Che ne abbiamo fatto dell'educazione? Qualcuno potrà rispondere: la si trova ancora nella scuola. No. Intendo dire: che ne abbiamo fatto del nostro impegno di adulti che si occupano dei propri ragazzi al di fuori degli ambiti istituzionali? Riflettere su come intendiamo noi oggi l'educazione dei nostri giovani significa riflettere su noi stessi. Troppo spesso abbiamo detto (e continuiamo ancora a ripetere) che non siamo capaci, che non abbiamo tempo, che non sappiamo che fare per prenderci cura dei nostri giovani.
Le parole dell'educazione (non molte, in verità) andrebbero riprese e ripronunciate, magari molto lentamente, per saggiare cosa suscitano in noi (alcune, almeno). Proviamo: prendersi cura di; insegnare a; educare; proteggere; sostenere; incoraggiare; sorvegliare; osservare; aver pazienza; dare senso. Insomma: cosa ci evocano queste espressioni se messe in relazione al nostro ruolo di adulti che funge da esempio per i nostri ragazzi? Detto altrimenti: come ci sentiamo se le pronunciamo e pensiamo ai ragazzi che – attenzione: in ogni cosa che facciamo! – ci osservano?
In quale misura, per concludere, siamo ancora in grado e vogliamo prenderci carico dell'educazione dei più piccini e dei più grandicelli per offrir loro quanto di meglio possiamo dare di noi?