PRO JUVENTUTECorsi di autodifesa per bambini

Qualche giorno fa sono stato sollecitato telefonicamente da una madre, la voce della quale lasciava filtrare qualche preoccupazione. La signora mi chiedeva se è vero che Pro Juventute organizza dei corsi di autodifesa per i bambini e per i ragazzi, nel qual caso avrebbe voluto avere ulteriori ragguagli. Un po' sorpreso ho risposto che no, non ci occupiamo di questo tipo di offerta. La signora, molto gentilmente, si è allora congedata. Al di là del contenuto della richiesta, a farmi riflettere è stato il – presunto da me – motivo per il quale la signora mi ha sollecitato: si tratta forse di dare una risposta alle angherie che il suo ragazzo subisce per strada, a scuola, nello sporto o in altre attività di tipo collettivo? Forse è di questo che si tratta.

Le preoccupazioni di questa signora, sia la mia ipotesi corretta oppure no, poco importa, mi sembravano sincere, autentiche. Mi chiedo, allora, in quale tipo di cultura siamo – anche – immersi se siamo costretti – anche - ad una cultura della difesa (o dell'autodifesa). Certo, difendersi dai soprusi e dalle prepotenze non è solo necessario ma anche dovuto (così come dovuto è difendere i più fragili da simili angherie). Ma ancora più necessario è il premere per lo sviluppo di una cultura che – seppur non democratica come la si vorrebbe intendere – sia almeno orientata al benessere comune, prima ancora che al piacere unicamente individuale. E questo lo possiamo fare tutti, ognuno di noi, sempre, osservando prima di tutto il come facciamo quel che facciamo. Nel nostro fare quotidiano siamo più o meno orientati (magari in maniera sottile, solo accennata, appena pronunciata…) verso una cultura della sopraffazione e dell'egoismo? Oppure siamo invece più propensi, nel nostro fare, verso una cultura dell'accoglienza volta più al bene comune che al beneficio individuale? I nostri ragazzi sono lì a guardarci e a imparare da noi.