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Provare ad insegnare loro che stare soli con se stessi può anche essere bello
In un mondo dove tutto sembra essere superconnesso, dove siamo tenuti sott'occhio per tutto l'arco della giornata, dove non ci si può muovere senza entrare in relazione con Tizio o Caio, che senso ha parlare di solitudine? Forse che la solitudine assume ancora un valore soltanto negativo, o soprattutto negativo, come si sarebbe portati a pensare? Questo tema, soprattutto in un clima festivo come quello attuale, può indurci a riflettere e, magari, a rivedere un pochettino alcuni aspetti delle nostre pratiche educative che, magari, diamo per scontato…
Parlare di solitudine, oggi forse più che una volta, può significare anche staccarsi un attimino dal trambusto fatto di web, cellulari, sms, chat, mail, computer, IPad, IPod, social network e chissà quale altra diavoleria. Riproponiamo ai nostri ragazzi, magari attraverso il sano buon esempio, la pratica della solitudine, spegnendo un attimino tutto quello che ci tiene connessi con gli altri. Proviamo ad insegnare loro il valore dello stare-con-sé-stessi, e rassicuriamoli – là dove ce n'è bisogno – sul fatto che tutto ciò può anche essere bello. E poi, magari, facciamo un passo più in là e prendiamoci il tempo di stare da soli con loro, all'interno della nostra famiglia o della cerchia di amici più stretta, lontano da amicizie e like più o meno autentici, più o meno sinceri.
In questo modo avremo fatto di questo periodo di feste un'occasione per dare quel valore autentico alla solitudine, quello forte, quello vero e importante, quello cioè che ci fa crescere e diventare migliori di quanto oggi siamo.
Ritieni che la solitudine sia un valore?
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