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L'OSPITEIl Burqa dei fornelli e i regali fiscali

06.11.13 - 16:37
Michela Delcò Petralli, casalinga, mamma, avvocato e deputata dei Verdi in GC
Foto Keystone Martin Ruetschi
Il Burqa dei fornelli e i regali fiscali
Michela Delcò Petralli, casalinga, mamma, avvocato e deputata dei Verdi in GC

(Risposta a Lorenzo Quadri, che in un suo contributo dal titolo “La famiglia tradizionale non è da cancellare” cita una mia frase in modo improprio e fuori contesto)

 

Caro Lorenzo Quadri, nel tuo articolo riconosco lo stile donchisciottesco che ti caratterizza. Tu parti in quarta su una mia frase pronunciata in Gran Consiglio, ma la citi fuori contesto e quindi a sproposito. Ti perdono la concitazione del momento. Il fenomeno era già conosciuto ai tempi di Voltaire, tanto che il filosofo ebbe a dire: datemi una frase fuori contesto e vi farò impiccare un uomo.

 

Prima di contestualizzare la mia battuta sul “burqa dei fornelli” vorrei però esporre alcune considerazioni.

Intanto non credo che il fine ultimo dell’iniziativa UDC sia il bene della famiglia. Se non ricordo male proprio l’UDC si era opposta all’assicurazione maternità, e ancora oggi si oppone al congedo parentale prolungato per mamme e papà. Il medesimo partito ha sostenuto la revisione dell’assicurazione disoccupazione, mandando in assistenza migliaia di famiglie e di giovani adulti. Non vedo quindi alcuna preoccupazione per il bene delle famiglie e dei nostri figli.

 

Permettimi anche di dubitare che la famiglia organizzata in modo tradizionale (un solo reddito e la mamma che sta a casa) sia la sola in grado di assicurare un buon accudimento dei propri figli. Ti assicuro che nel mondo reale nessuno ha ricevuto la patente di genitore. In Svizzera il 70% dei genitori lavora, eppure anche questi genitori compongono una famiglia e si occupano responsabilmente dei propri figli. La capacità genitoriale non la si acquisisce automaticamente per il solo fatto di stare a casa. Un buon genitore non è il miglior genitore, ma chi sa mettersi costantemente in discussione ed ascoltare i propri figli. Chi sta bene nella propria pelle ed è soddisfatto della propria vita di solito ci riesce meglio.

 

Io sono a favore della famiglia, ma di ogni tipo di famiglia. Sono a favore dei genitori che si occupano personalmente dei propri figli, sono a favore dei genitori che lavorano per scelta e anche a favore di quelli che lavorano per necessità, e infine sono a favore di quelle famiglie che hanno bisogno dell’aiuto dello Stato per tirare avanti.

 

Proprio perché sono a favore di tutte le famiglie sono contraria agli sgravi fiscali proposti dall’iniziativa. Questi sgravi andrebbero a premiare solo le famiglie benestanti (più il reddito è elevato più il risparmio fiscale è sostanzioso) e questo a scapito di tutti gli altri contribuenti, genitori e non, che in qualche modo dovrebbero compensare, tramite imposte dirette o indirette, il mancato introito fiscale, stimato in un miliardo e 300 milioni all’anno. Al posto di sconti fiscali, preferisco misure di politica economica e sociale che permettano a tutti i genitori, anche al 51% delle famiglie che non paga imposte, di poter stare con i propri figli: congedi parentali prolungati, lavoro parziale anche per i padri, e salari dignitosi che permettano a una famiglia di vivere con un solo reddito o almeno di lavorare a tempo parziale, alternandosi nella cura dei figli.

 

L’iniziativa va bocciata non solo perché non raggiunge lo scopo, almeno quello dichiarato, ma anche perché crea disparità di trattamento tra le famiglie. Infatti per le famiglie che affidano i figli alla cura di terzi la deduzione fiscale corrisponde ad una spesa comprovata (e solo a quella), invece per le famiglie “tradizionali” la deduzione corrisponderebbe a uno sconto forfettario che aumenta con il numero dei figli (chi può permettersi 6 figli potrà dedurre fr. 60'600 dal reddito lavorativo) Se l’iniziativa dovesse passare avremo situazioni paradossali in cui una famiglia benestante pagherà meno imposte di due genitori operai. Senza contare che già oggi tutti i genitori hanno la facoltà di dedurre importi forfettari sia sul reddito che sulla sostanza, e ciò a compensazione delle spese generate dai figli. Tra l’altro, nel confronto intercantonale, il fisco ticinese è quello che riconosce le deduzioni maggiori.

 

Da qualsiasi parte la si voglia guardare l’iniziativa UDC non è a favore dei figli, ma solo di un tipo di famiglia benestante, ed è chiaramente ostile alle donne, soprattutto alle mamme che lavorano. Lo si è capito anche nel corso del dibattito sullo stesso tema avvenuto di recente in Gran Consiglio. Alcuni colleghi maschi, facendosi interpreti dello spirito che anima gli iniziativisti, come il signor Blocher, hanno accusato le mamme che lavorano (chissà perché sempre e solo le mamme!) di essere la causa di tutti i mali di questo mondo: dalla criminalità giovanile, agli abbandoni scolastici, ai ricoveri di adolescenti in cliniche psichiatriche. A questo tentativo di colpevolizzare le donne, e di imporre loro un nuovo burqa, quello dei fornelli, io non ci sto, e con me spero tante mamme e tanti papà che responsabilmente si occupano dei propri figli, dentro o fuori casa.

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