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L'OSPITELegge sul prezzo fisso

03.03.12 - 17:05
Samuele Cavadini, Gran Consigliere
Ti-Press (archivio)
Legge sul prezzo fisso
Samuele Cavadini, Gran Consigliere

Nella nostra economia, basata sul libero mercato, parlare di prezzi fissi che distorcono in un certo qual modo i meccanismi fondanti del nostro sistema, lascia sicuramente qualche dubbio. Perché mai intervenire sul prezzo di un prodotto quando la libera concorrenza è in grado di definire il giusto equilibrio fra domanda e offerta garantendo così l’efficienza del mercato stesso? Nella maggior parte dei casi il libero mercato, antagonista delle economie pianificate, crea un sistema virtuoso che in particolare avvantaggia il consumatore finale che sa di pagare un prezzo giusto, non distorto da interventi esterni. In pratica stimola gli offerenti a essere produttivi e ad offrire lo stesso bene a prezzi più convenienti.

Vi sono tuttavia dei settori particolari dove il libero mercato mostra i suoi limiti e non garantisce altre libertà che non si pesano unicamente sul prezzo. Pensiamo al settore agricolo. Se lo Stato non intervenisse, per esempio attraverso sussidi, difficilmente i nostri contadini riuscirebbero a stabilire prezzi ragionevoli, con la conseguenza che molti prodotti nostrani, coltivati a chilometro zero, sparirebbero dai negozi.

Vi è poi il commercio del libro il cui futuro è legato alla votazione sulla legge federale sul prezzo fisso dei libri. L’utilizzo della combinazione di parole “prezzo e fisso” suscita qualche perplessità; in Svizzera non siamo certo abituati a misure di questo tipo. Ma è opportuno approfondire meglio la questione evitando di farsi condizionare.

Innanzitutto la legge non è eccessivamente restrittiva. Conferisce sì la facoltà all’editore o all’importatore di attribuire il prezzo, ma prevede anche la sorveglianza di Mister prezzi, permette di applicare degli sconti e pone un vincolo temporale sul prezzo stabilito a 18 mesi.

L’aspetto tuttavia più importante legato alla nuova legge è racchiuso in una domanda che credo si opportuno porsi: quale libertà vogliamo tutelare? La posta in gioco non è infatti legata al prezzo, quanto piuttosto alla varietà del «prodotto» libro e l'esistenza di piccole librerie che non sono solo un punto vendita ma hanno altre valenze che spesso sottovalutiamo. Possono essere luoghi d’incontri letterali e culturali, forniscono consulenze professionali e contribuiscono a garantire la bibliodiversità in quanto non sono unicamente interessate ai prodotti più commerciali ma anche a pubblicazioni con tirature inferiori. Il grande discount invece ha la tendenza a concentrarsi sui best seller che compra in grandi quantità beneficiando di prezzi più bassi. Ma perché mai le piccole librerie dovrebbero sparire? Potrebbero concentrasi su fette più piccole di mercato ed essere addirittura un complemento delle grosse catene commerciali. La risposta è da ricercare (questa volta sì) nel prezzo e nelle dinamiche di mercato. Anche il libraio all’angolo per sopravvivere ha bisogno di vendere, se perdesse la cifra d’affari sui best seller faticherebbe a sopravvivere e potrebbe addirittura chiudere, allora addio alla difesa della bibliodiversità! Non a caso la legge è difesa non solo dall’associazione librai ma anche da altre fra le quali si annoverano associazioni di scrittori ed autori, associazioni di consumatori, ecc. (si veda anche i membri del comitato per il SI alla nuova legge).

In conclusione un SI alla nuova legge contribuirà a mantenere vivo un settore che va oltre le normali dinamiche di mercato e che soddisferà anche in futuro il nostro consumo di cultura e conoscenza, di cui non abbiamo mai smesso di avere bisogno.

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