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L'OSPITEI giovani ticinesi non emigrano per scelta, ma per necessità

02.10.17 - 17:15
Zeno Casella, coordinatore del sindacato SISA e membro del comitato centrale del Partito Comunista
I giovani ticinesi non emigrano per scelta, ma per necessità
Zeno Casella, coordinatore del sindacato SISA e membro del comitato centrale del Partito Comunista

«Prima della diffusione degli anticoncezionali, si usciva dalla famiglia per crearne una nuova. L’autosufficienza economica permetteva rapporti sessuali: una potente motivazione per i giovani maschi, ad adattarsi a ciò che si poteva trovare, e a rischiare, anche emigrando». Così ha argomentato venerdì su un portale ticinese il segretario di Stato per la formazione Mauro Dell’Ambrogio, nell’intento di dimostrare come l’autosufficienza economica – nella fattispecie un salario minimo legale dignitoso – non possa costituire un diritto individuale ma debba ritornare ad essere «un obiettivo da sudare».

Ora, non sono evidentemente un professore di storia e non ho particolari pretese di superiorità intellettuale rispetto al signor Dell'Ambrogio. Tuttavia, qualcosina sull'emigrazione ticinese mi è capitato di leggerlo e (fortunatamente) non ho mai letto da nessuna parte che i "giovani maschi" lasciassero le nostre valli per - scusate il termine - poter finalmente ciolare senza preoccupazioni, ma piuttosto perché se non l'avessero fatto sarebbero (e con essi le proprie famiglie) probabilmente morti di fame. A dirla tutta, sono semplicemente sconcertato dal fatto che una simile posizione venga espressa da un personaggio che ricopre una carica simile – non proprio l'ultima ruota del carro nell'amministrazione federale – e che dovrebbe piuttosto adoperarsi per far sì che tali tragedie non avvengano più.

Pur con i dovuti distinguo (in Ticino quasi nessuno per fortuna rischia più di morire di fame), va ricordato che tale fenomeno di emigrazione non è stato mai davvero debellato, e anzi, risulta in forte aumento da qualche anno a questa parte. La cosiddetta "fuga di cervelli" verso Oltralpe - di cui sono ancora oggetto i "giovani", anche se non più solo "maschi"- ripropone le stesse domande di 150 anni fa: perché si lascia il Ticino? Cosa cercano gli emigranti? Cosa manca sul nostro territorio per spingerli a partire? Dove stiamo sbagliando?

Se le risposte a tali interrogativi sono quelle fornite dal signor Dell'Ambrogio, non c'è da stupirsi delle difficoltà nel risolvere la grave crisi occupazionale che tocca i giovani ticinesi. L'importazione del “modello italiano” (ossia dell'impossibilità di una vera autosufficienza economica se non a costo di un opprimente precariato) invece di quello verso cui si dirigono questi nuovi emigranti (ossia di un livello salariale – presente in Svizzera interna – tale da consentire una vita dignitosa e dei “consumi svizzeri”, come li intende il nostro funzionario federale) non potrà infatti risolvere un bel nulla, contribuendo piuttosto all'aggravarsi della situazione.

Quindi, caro signor Dell'Ambrogio, veda di tirarsi assieme: la finisca di insultare la memoria storica di una pagina tragica del nostro passato e la smetta di proporre soluzioni che palesemente non possono avere altro esito se non quello di peggiorare le già difficili condizioni di vita di fin troppi giovani ticinesi. La sua posizione richiederebbe ben altro.

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