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L'OSPITENon basta un ombrello

19.04.17 - 06:27
Giuliana Colombini, Dongio
tipress
Non basta un ombrello
Giuliana Colombini, Dongio

Per ripararci da pericoli in vista, a volte basta un ombrello come scudo, ma qui, invece, occorre una firma sull’Iniziativa per cure mediche e ospedaliere di prossimità.

Gli ospedali di zona (Acquarossa, Faido e Castelorotto) verranno declassati al punto tale che tutti eviteranno di andarci, oppure non avranno più i letti a disposizione per il nostro caso, oppure non avranno aperto il pronto soccorso al momento dell’urgenza.

E allora? Allora dovremo recarci in città per una bagatella o per essere ricoverati in un ospedale “vero”, con le tariffe della camera maggiorate di un terzo. Inoltre, i nostri parenti dovranno subire pure i costi e i rischi delle trasferte, quando tutto sarebbe stato quasi a chilometro zero.

I medici assistenti eviteranno di fare pratica in questi ospedali di bassa categoria, poco interessanti per la loro formazione.

Dunque? Dunque vedremo sempre meno il debutto di medici di famiglia e, soprattutto, saranno mosche bianche coloro che mostreranno un attaccamento alle zone discoste come le valli.

E allora? Allora dovremo far capo agli specialisti, che visitano unicamente la parte riguardante la loro specialità e che costano il triplo di un medico generico.

Solo un medico di famiglia considera il quadro completo della nostra salute.

Ripariamoci dai costi elevati e dalle visite superflue, che potrebbero magari procurare confusioni e controindicazioni tra una cura prescritta e l’altra.

Il medico di famiglia ha una visione globale del nostro stato di salute e prende il tempo per ascoltare i nostri dolori, le nostre ansie, i nostri acciacchi. Lo specialista, seppur con bella maniera, ci fa capire quando usciamo dal suo campo e, per risolvere quel problema svicolato, occorrerà ricorrere ad un altro specialista, quando magari bastava un medico di base dall’inizio.

Non sto dicendo che occorre sabotare gli specialisti, ma che questi dovrebbero entrare in gioco in un secondo tempo, dopo un consulto del medico di fiducia.

In Ticino abbiamo un medico di famiglia per ogni 250 abitanti, con l’età media di 54 anni, vale a dire che molti di loro fra una decina di anni saranno sostituiti da medici “ambulanti” che avranno sempre meno tempo da dedicare ai pazienti, i quali, di riflesso, si sentiranno curati da un qualsiasi medico, lontano dal sentirsi seguiti da un medico di base.

Nelle Tre Valli abbiamo, invece, nientemeno che un medico di famiglia ogni 720 abitanti! Forse perché da noi l’aria è meno inquinata, viviamo nella natura e perché ci nutriamo di roba più genuina… Eh no, saremo forse più sani, ma di certo saremo i primi a dover subire l’inadeguatezza delle cure di base, che dovrebbero essere garantite, già da qualche anno, su tutto il territorio.

Ripariamoci fin che siamo in tempo: firmiamo l’iniziativa che chiede al Gran Consiglio la messa in atto dell’articolo 117a della Costituzione federale, che abbiamo votato nel 2014 e che solo il Ticino ha ignorato. Quell’articolo assicura su tutto il territorio cure di base uguali per tutti, tramite gli ospedali di zona, promuovendo la medicina di famiglia e la formazione di medici di famiglia. L’iniziativa chiede, inoltre, che gli ospedali di zona devono avere dimensioni e strutture adatte a garantire la qualità delle cure e devono diventare centri di competenza e di formazione del personale di cura.

Ripariamoci, firmando al più presto l’Iniziativa per cure mediche e ospedaliere di prossimità, anche scaricabile dal sito www.ospedalidivalle.wordpress.com

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