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L'OSPITELa polizia del pensiero

24.11.16 - 20:59
Oreste Pejman, esponente UDC
La polizia del pensiero
Oreste Pejman, esponente UDC

Dobbiamo stare attenti quando vogliamo esprime il nostro pensiero. Meglio farlo di nascosto o sottovoce, senza farci scoprire. La Polizia del Pensiero è attorno a noi, ci guarda, ci controlla ed è pronta a intervenire col suo manganello che impone una presunta superiorità morale. Se verrai scoperto a uscire fuori dal suo schema di pensiero allora sarai punito, escluso e verrai definito sbagliato, razzista, sessista o con qualsiasi altro appellativo che ti farà sentire un mostro, nonostante tu non lo sia affatto. Ti giudicheranno, cercheranno di farti sentire sbagliato, ti toglieranno la voglia di esprimerti, perché il tuo pensiero per loro è immondo e va immediatamente taciuto o corretto. La libertà del pensiero, ma soprattutto la libertà di esprimere il tuo pensiero, verrà meno. Svanirà così la voglia di dire ciò che realmente crediamo, ci sentiremo inadatti, erranti e ci chiederemo perché la nostra mente produca pensieri che la Polizia del Pensiero ripudia. L’unica certezza che avremo sarà che per non essere scoperti, arrestati e puniti sarà meglio restare nascosti nel silenzio.

A noi però, donne e uomini sbagliati, oggi ci rimane ancora un’arma per poterci esprimere senza paura, per dire ciò che veramente pensiamo e sentirci per un attimo liberi: il voto. Nell’urna possiamo ancora esprimere liberamente e senza timore il nostro credo, e la Polizia del Pensiero non potrà vederci, non potrà punirci e nessuno potrà mai sapere ciò che realmente pensiamo. Dopo il voto saremo comunque giudicati, definiranno il nostro voto come sbagliato, immorale, ignorante e probabilmente si dovrà rivotare per correggere il nostro pensiero deforme.
La verità però, è che non possiamo continuare a vivere sotto questa continua inquisizione del pensiero e della morale. Dobbiamo ribellarci e far sentire senza paura e sempre più forte la nostra voce. Solo così potremo liberarci dalla Polizia del Pensiero e dal regime da lei imposto. Perché forse non era il nostro modo di pensare ad essere sbagliato. Forse a sbagliare era chi ci impediva di essere liberi.

 

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