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L'OSPITEL’immoralità del proibizionismo

15.07.16 - 14:59
Virgilio Pellandini
L’immoralità del proibizionismo
Virgilio Pellandini

Caro contrario alla legalizzazione delle droghe leggere, caro proibizionista,

Ho sempre provato una certa vergogna ad argomentare a favore della legalizzazione delle droghe leggere. L’assurdità del proibizionismo mi ha infatti sempre fatto pensare che sostenere la legalizzazione delle droghe leggere fosse troppo noioso, ovvio al punto da essere un insulto all’intelligenza dell’umanità. Temevo che, come un professore di biologia che deve argomentare contro il creazionismo dimostra che la sua istituzione, la scuola, ha fallito; un politico che deve argomentare contro il proibizionismo nega la capacità della democrazia di essere immune all’ottusità umana. Volendo cocciutamente credere nella democrazia, ho quindi nascosto ai miei occhi la realtà dei fatti, negando il bisogno di un dibattito.

La realtà dei fatti, però, mi ricorda quotidianamente e violentemente la natura illusoria delle mie convinzioni: voi proibizionisti regnate come sovrani assoluti; nel mio quartiere sventolano striscioni di associazioni proibizionistiche mantenute dallo stato; in Isvizzera il potere giudiziario spreca risorse statali in oltre 30'000 procedure legali, ogni anno, legate alla cannabis; nel mondo, ogni anno, decine di migliaia (ripeto, decine di migliaia) di persone sono uccise non dalla droga, ma dal proibizionismo che ha regalato al crimine e alle mafie più violente un’industria gigantesca, con effetti deleteri. La realtà dei fatti dice, urla che la democrazia non solo non è immune all'ottusità umana, ma ne è stuprata senza pietà né speranza...La realtà dei fatti impone di dimenticare vergogna e supponenza e cominciare ad argomentare l'ovvio più banale: il perché una legalizzazione delle droge è necessaria, praticamente e moralmente, qui e adesso.

Caro proibizionista, comincio dall’argomento forse ai tuoi occhi più debole: per quanto te ne possa dispiacere, noi viviamo in una società liberale, il cui principio fondatore è permettere ad ogni individuo di vivere la sua vita nel modo che egli desidera senza che questa sua libertà sia violata dall’agire altrui. In questo contesto, caro proibizionista, non hai alcun diritto di impedire al sottoscritto, maggiorenne ed indipendente, di fare qualcosa “perché gli fa male”. Puoi obbligarmi a farlo a casa mia (per evitare che altri debbano inalare i miei malefici fumi). Puoi tassarmi (per evitare che il male che mi faccio costi alla società in termini di sanità o socialità). Ma per proibirmi di farlo devi negare le basi stesse della nostra società civile, della nostra libertà. Devi, di fatto accettare che la nostra società non sarà più liberale, ma conservatrice ed autoritaria. E che chi detiene il potere se vorrà, potrà proibirti, per esempio, di mangiare luganighe, bere grappa, guardare partite di hockey o vestirti in modo orrendo: se neghi la libertà ad altri, non puoi certo pretendere che la tua sia garantita…

Però, caro proibizionista, ammetto che ai tuoi occhi questo argomento vale poco: liberale, di fatto, non lo sei mai stato, e se puoi evitare che qualcuno, drogandosi, cada in una spirale di morte, odio, dolore e violenza infinita, lo fai, anche se ciò implica limitare arbitrariamente le libertà individuali e negare la natura stessa nella nostra società politica. Il problema, in questo caso, caro proibizionista, è che anche ammettendo che per assurdo una società autoritaria sia legittimabile, la tua volontà di proteggere le persone proibendo l’uso della cannabis è, per dirla in modo onesto e comprensivo, infinitamente ignorante. Vedi, tu vuoi proibire la cannabis in una società dove sono legali l’alcool, le sigarette, il gioco d’azzardo, il lardo di colonnata e l’alpinismo: tutte cose che su base annuale causano statisticamente molti più decessi della cannabis. Ora, non voglio esagerare con fatti e dati perché so che a te esperti e numeri piacciono poco, però devo sottolineare che non stiamo parlando di opinioni, ma di fatti inconfutabili: che la cannabis è infinitamente meno dannosa di alcool e tabacco (che sono perfettamente legali) non lo dice il gigi da viganello, ma il Lancet (tra innumerevoli altri); che i morti causati annualmente dalla cannabis negli Stati Uniti sono 0 (zero) mentre quelli causati dall’alcool sono quasi 90'000 lo dice lo US Center for Disease Control, non un amico di tuo cugggino. Che il legame, adorato dai tuoi compari, tra cannabis e droghe pesanti sia un abominio statistico lo dicono tutte le accademie mediche nazionali dei paesi sviluppati, non il junkie di paese che ti chiede sempre le paglie e i soldi per la birra… Quindi, caro proibizionista, se vuoi insistere nel proibire la cannabis puoi farlo (purché non pretendi di essere liberale), ma se non chiedi prima la proibizione almeno di alcool e sigarette il tuo argomento perde ogni legittimità logica, anche in un paese autoritario.

Oltre a questa incoerenza, il tuo proibizionsimo si macchia poi di un’ulteriore ignoranza: la negazione, di fronte ai fatti, della sua stessa futilità. Il proibizionismo non funziona ed è totalmente inutile. Le droghe sono proibite da quasi cent’anni, ma il loro consumo, nonostante il proibizionismo, non è mai diminuito.

Caro proibizionista, con la tua ossessione proibisci, spendi, punisci, e le persone si drogano comunque.

L’unica cosa che sei riuscito ad ottenere è che le persone usano droghe di qualità peggiore, senza controllo e le acquistano finanziando il crimine organizzato. Il tutto mentre naturalmente i dati statistici (Reinarmann 2004, rapporto Home Office UK 2014) dicono che una legalizzazione non porta praticamente mai ad un aumento permanente del consumo. Di fronte a tanta incoerenza mi sovviene un Italoamericano della Chicago anteguerra, che adorava il proibizionismo e chiamava quelli come te “chiacchiere e distintivo”…

Però, caro proibizionista, nel mio pacifismo da cicapapaveri riconsco che, in tutta onestà, gli argomenti che ho proposto finora sono diciamo così “ideologici”: uno può pensarla in un modo, un altro può pensarla diversamente (se è autoritario invece che liberale, o se è ignorante invece che informato).

Purtroppo pero ci sono anche altri argomenti, economici e non ideologici: argomenti cioè da contribuente incazzato, più che da cicapapaveri pacifista… Il fatto è che il tuo proibizionismo, mio caro, è proprio caro. Carissimo. “E nümm a pagom”, come direbbero quelli come te…

Carissimo innanzitutto in termini di costi di polizia e di repressione – dalle prigioni, ai poliziotti che avrebbero più tempo per proteggere davvero i cittadini, al sistema giudiziario che deve elaborare quelle 30'000 procedure annuali menzionate sopra. Carissimo poi in termini di sicurezza: il proibizionismo finanzia mafie e criminali, che, quelli sì, creano pericolo e violenza che vanno poi combattuti con orrende spese (per i costi in termini di dolore ne parlerò poi fra qualche riga…) in polizia e repressione.

Carissimo infine indirettamente, come mancata generazione di attività economica: tassare anziché reprimere il consumo di cannabis potrebbe portare a notevoli introiti fiscali per lo stato; legalizzare anziché proibire la vendita di cannabis potrebbe generare impieghi (ufficiali, non in nero, in quanto il settore sarebbe iper-controllato) in quantità non certo negligibili. Ma naturalmente, per te, proibizionista, tutto questo non conta nulla: spendiamo per la repressione, diamo soldi a criminali invece che alle casse statali, ma almeno non cediamo al demonio della droga (tanto poi pagano gli altri)…

Infine, proibizionista, oltre all’argomento da contribuente incazzato e a quello da cicapapaveri pacifista me ne resta un ultimo. L’argomento da umano. L’argomento morale. Restano le decine di migliaia di morti che ho menzionato all’inizio. Vedi, proibizionista (questo argomento è un po’ troppo pesante per usarti l’aggettivo “caro”), io posso capire il tuo autoritarismo, posso accettare la tua ignoranza, posso persino tollerare il tuo parassitismo fiscale, ma la tua immoralità assassina quella no, quella non posso accettarla. Nessuna delle decine di migliaia di persone che dal Messico a Singapore muoiono ogni anno - non a causa della droga, ma a causa della violenza legata all’illegalità della droga- sarebbe morta se tu e i tuoi compari non foste proibizionisti. Forse con una legalizzazione delle droghe i morti di overdose non diminuirebbero (anche se le statistiche, per esempio zurighesi, dicono il contrario), ma di certo le mafie, i cartelli, i criminali che sguazzano nell’illegalità della droga non mieterebbero le vitttime che mietono.

Lo so, proibizionista, che vuoi rispondermi che “se nessuno si drogasse non ci sarebbero questi morti”: purtroppo non capisci che questa tua frase idiota presuppone una condizione che non puoi controllare (il fatto che qualcuno si droghi); la frase “se non ci fosse il proibizionismo non ci sarebbero questi morti”, invece, è sotto il tuo diretto controllo. Sotto la tua diretta responsabilità. Una responsabilità che fa si che tu (come tutti i troppi politici silenti su questo tema) non porti avanti un discorso parassita, ignorante ed autoritario, ma anche e soprattutto un discorso assassino, immorale.

Lottare contro di te e contro il proibizionismo non è quindi una scelta politica, ma un dovere morale, che differenzia, insindacabilmente, i giusti dai mostri.

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