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OSPITELac, fra nani e giganti il sole della cultura

14.07.16 - 14:00
Morena Ferrari Gamba, Consigliere Comunale PLR Lugano
TiPress
Lac, fra nani e giganti il sole della cultura
Morena Ferrari Gamba, Consigliere Comunale PLR Lugano

Praticamente all’indomani dell’inaugurazione del LAC, lasciando poco tempo per godere del successo iniziale, sono riprese le polemiche, velate e meno, sulla gestione del LAC e su quanto, poco o non abbastanza, fatto fino ad oggi.
La genesi del LAC (Giudici-Bignasca-Masoni) la sappiamo e non è il caso di riraccontarla. Ma alcune cose vanno pur ribadite. Giovanna Masoni Brenni era responsabile, fra l’altro dell’Edilizia, ma soprattutto del Dicastero Cultura. Ha ereditato un dossier non facile ed è stata colei che ha lottato, spesso in controcorrente, per portarlo a termine. E’ colei che ha preso in mano il progetto ancora quando nulla era stato scritto (organizzazione, procedure, programmi, e via dicendo). E’ colei che più di tutti ha difeso la Cultura come strumento di crescita di una comunità, sociale ed economica. E qui mi fermo, perché sulle sue qualità, Giovanna Masoni Brenni non ha certo bisogno di essere difesa e il risultato del suo operato è sotto gli occhi di tutti.

Purtroppo, da mesi, da parte di alcuni media e personaggi, più o meno noti, si susseguono discorsi su come dovrebbe funzionare il LAC, perché così proprio non va! Il LAC ha solo nove mesi di vita, sta andando meglio del previsto e dà molte più soddisfazioni di quanto i detrattori vanno dicendo. Frutto della novità? Forse. Ma intanto è così e, comunque, è troppo presto per fare i conti e troppo facile fare i corvi.
Si sa che per lanciare un Centro Culturale, ma in generale ogni progetto di questa portata, sono necessari almeno cinque anni per tirare davvero le prime somme. E’ così nel privato, figuriamoci nel pubblico!

Il LAC non deve essere la panacea per tutti i mali della città: se i turisti non vengono, se gli alberghi sono obsoleti, se non c’è il centro congressuale, se i negozi chiudono, se…e se... Questo è uno dei progetti più importanti della Città, sì, ma va costruito nel tempo. Si dice che il LAC non ha “spaccato”, che non è riuscito a creare quelle code chilometriche ricordando le grandi mostre fatte nel passato (neanche fossero state centinaia). Anche questo è piuttosto irritante e qualunquista. I tempi sono cambiati e tutti lo sanno, ma fanno finta di non saperlo. Le code ci sono state negli anni novanta per le magnifiche mostre e collezioni del Barone Thyssen-Bornemisza: un privato che è stato lasciato andare via, nonostante avesse commissionato il progetto di ampliamento del museo ad un grande architetto come James Stirling. Immaginate quanta gente sarebbe arrivata da tutto il mondo anche solo per vedere il contenitore ancor prima del contenuto. Ma la freddezza e la miopia ticinese, mentre Londra, Parigi, New York e Madrid gli mettevano i tappeti rossi, lo hanno fatto scappare. Altre mostre hanno riscosso grande successo, certo, ma erano anni d’oro per il mondo dell’arte. Anni in cui si faceva largo di nuovo il mecenatismo e la voglia di investire dei privati. Inoltre, i costi assicurativi e di allestimento, solo per citarne alcuni, non erano così esorbitanti. Oggi, più di ieri, per farcela ad avere nomi di richiamo internazionale, con i pochi mezzi a disposizione, bisogna creare solidi legami con enti pubblici e privati, nazionali ed internazionali, con personalità e collezionisti. Ma ci vuole tempo e chi se ne occupa mi sembra lo stia facendo egregiamente, tanto che, in un anno, il MASI rientra già nella categoria dei musei più importanti per frequentazione a livello svizzero. Altro dato non da poco. Ma tant’è.
Ora si fa riferimento a Christo e a una regione come quella del lago di Iseo che se l’è potuto permettere. Ma che imbecilli che siamo a non averci pensato noi! Giusto per la cronaca: è Christo che ha scelto il lago di Iseo e non viceversa. Con una città “in fallimento” e i soldi da centellinare, pensate cosa avrebbero detto i cittadini, e ancor prima i gufi e i corvi, se lo scorso anno si fossero chiesti milioni – per sicurezza, logistica, trasporti - per portare a Lugano l’impacchettatore di monumenti! Delle due una: o si danno più mezzi o si lascia che si faccia un passo alla volta, con i mezzi che si hanno a disposizione. Detto ciò, la sensazione reale è che tante polemiche nascano da invidie, o da chi forse non è contento del proprio lavoro e si propone come esperto d’arte, o da chi vorrebbe la “cadrega” nonostante negli anni abbia tacciato di cadreghismo gli altri. Questo importante progetto non può essere il terreno su cui fare le battaglie politiche ma, non smetteremo mai di ripeterlo, deve invece essere sostenuto con forza. Nella Cultura ci si deve credere sul serio! Bisogna investire, con i mezzi ma anche con le persone giuste, e far sì che abbia sempre una sua centralità nella società, perché altrimenti, come diceva qualcuno: “quando il sole della Cultura scende, i nani sembrano giganti”.

 

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