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L'OSPITE«Sì all’iniziativa popolare sulle derrate alimentari»

05.02.16 - 13:55
Daniele Ryser, ing. agronomo ETH
Tipress
«Sì all’iniziativa popolare sulle derrate alimentari»
Daniele Ryser, ing. agronomo ETH

Questa iniziativa per l’immagine della Svizzera sulla scena internazionale ha delle similitudini con il tema del segreto bancario, ma soprattutto interviene su uno degli aspetti che più di altri influenzano quelle che sono le disparità tra i popoli di questo pianeta e genera una spirale perversa sul piano socioeconomico e ambientale anche nei paesi economicamente più benestanti.
Il mercato delle materie prime alimentari e dei prodotti lavorati è diventato oggetto di movimenti speculativi sulle varie piazze finanziarie tra le quali quella svizzera è una delle più importanti. Tale speculazione interferisce pesantemente sulla variazione dei prezzi delle derrate alimentari estraniandola anche da quelle che sono le fluttuazioni stagionali collegate ai reali esiti dei raccolti.
Il passaggio da contrattazioni basate sullo scambio reale a contrattazioni tramite derivati finanziari distorce il meccanismo della domanda e dell’offerta incoraggiando operazioni commerciali, stoccaggi e forniture il cui solo scopo è quello di massimizzare i guadagni di chi opera nel mondo virtuale finanziario. Fare denaro in questo modo ha delle conseguenze criminali su quelle popolazioni e quelle nazioni che lottano contro la fame. Concretamente ad esempio, interi magazzini strapieni di frumento non vengono intenzionalmente liberati sul mercato per soddisfare la domanda di chi ha fame a causa di cattivi raccolti nella propria regione e questo solo con l’obbiettivo di attendere fino a che la situazione sia talmente disperata da costringere gli acquirenti a pagare qualsiasi prezzo. Quanto appena descritto è solo una delle conseguenze di questo malsano passaggio alla finanziarizzazione del mercato di alimentari che tocca le popolazioni e le nazioni più povere e/o più colpite dagli effetti negativi del cambiamento climatico. Un altro effetto è la diminuzione degli investimenti orientati sull’approvvigionamento alimentare che incoraggia l’uso delle aree agricole per la produzione ad esempio di biocarburanti innescando una spirale perversa che accentua la penuria (e quindi l’aumento dei prezzi), incoraggia l’esodo rurale verso le città, le migrazioni economiche e, non da ultimo, è concausa di integralismi e di conflitti armati.
La pressione dell’immigrazione e quella dei rifugiati è solo una prima avvisaglia per l’Europa e la Svizzera. A medio e lungo termine la speculazione sulle derrate alimentare avrà degli influssi anche sul nostro settore agricolo e su buona parte della popolazione iniziando da quella meno benestante. In Svizzera le aree rurali e montane saranno confrontate con la sparizione delle aziende medio piccole con gravi conseguenze sulla demografia, il paesaggio e l’ambiente. Ai consumatori si fa credere che questo tipo di liberalizzazione farà diminuire i prezzi ma la realtà sarà un peggioramento dei prezzi dei prodotti pagati all’agricoltore e un aumento dei margini di guadagno a favore di pochi speculatori insinuati nelle maglie delle filiere agroalimentari.
Governo e Parlamento si oppongono a questa iniziativa basandosi su analisi di esperti finanziari che sono sopraffatti dalla rapida evoluzione sul fronte delle attività finanziarie e speculative. Chi lavora sul terreno ed è confrontato con il quotidiano, soprattutto in paesi meno fortunati come l’Africa, parte dell’Asia e dell’America Latina ma anche l’attento osservatore del quotidiano delle nostre aree rurali e alpine è sicuramente meglio piazzato nel vedere questi sviluppi. Per questi motivi ma anche per non dare adito a un’ulteriore perdita d’immagine per il nostro Paese quale piattaforma del malaffare, l’iniziativa popolare in votazione alla fine di febbraio merita di essere sostenuta.

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