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L'OSPITEPetizione a tutela dei lupi

14.11.15 - 18:23
Olindo Vanzetta, Biasca
Tipress
Petizione a tutela dei lupi
Olindo Vanzetta, Biasca

Munita di 25'000 firme è stata depositata di recente a Palazzo Fererale dalla Protezione svizzeri degli animali, con grande clamore mediatico, una petizione mirante a colpevolizzare allevatori e contadini sulle perdite che si registrano annualmente sugli alpeggi svizzeri, perdite valutate in circa 4'000 capi di ovini di cui soltanto 200 quelli attribuibili ai grandi predatori.

Non entro nel merito delle cifre esposte in quando non è affatto solo una questione di numeri. Notizie e dati apparsi puntualmente sulla stampa e ripresi fedelmente nel telegiornale principale delle venti senza minimamente dare spazio né parola, come sarebbe auspicabile e doveroso fare, alla controparte gratuitamente lesa e denigrata. Le 25'000 firme consegnate, ignoro quante ne siano state raccolte in Ticino, sono incontestabilmente, a mio avviso, preoccupante segno e frutto di grande ignoranza del problema grandi predatori e pastorizia.
Il lupo per la sua ferocia disruttiva può sbranare in una sola notte una decina e più pecore, azzerando in un unico attacco fatiche, lavoro e passione di un’intera vita. Instancabile e formidabile camminatore, il lupo si muove sempre in cerca di nuovo sangue e carne fresca, uccide e fa strage per istinto, lasciando gran parte del predato ancora intero a volte mortalmente ferito sul terreno.
Questa è la vera natura del lupo, tanto amato e osannato in questa nostra società sempre più confusa e malata, affetta da perniciosa opulenza che non sembra conoscere da dove venga il pane. Il lupo non è affatto il capro espiatorio che paga, come viene asserito nel testo della petizione, per le presunte inadempienze dei contadini allevatori, ma una presenza insidiosa inconciliabile con l’esercizio della pastorizia, con cui non è né giusto né possibile convivere.
Salute, benessere e crescita dei greggi, così come il benefico e salutare effetto esercitato sul territorio montano e pedemontano, sono legati a doppio filo alla libera e estensiva pascolazione degli armenti sui fondi patriziali a tali scopi adibiti. Questi secolari e primari diritti non sono in vendita, né tanto meno barattabili con il ritorno dei grandi predatori.

 

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