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L'OSPITEGottardo: il tubo di risanamento non si fa per le colonne

12.07.15 - 12:26
di Lorenzo Quadri
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Gottardo: il tubo di risanamento non si fa per le colonne
di Lorenzo Quadri

Gli oppositori del traforo di risanamento del tunnel autostradale del Gottardo devono essere rimasti gravemente a secco di argomenti se si riducono a montare polemiche contro l’Ufficio federale delle strade (USTRA) reo, a loro dire, di essere troppo zelante (?) nel segnalare al pubblico le code al Gottardo. Secondo la presidente dell’Associazione traffico ed ambiente (ATA), la consigliera nazionale socialista Evi Allemann, l’USTRA perseguirebbe nientemeno che “una precisa strategia per influenzare il voto” sul secondo tunnel autostradale del Gottardo. Ohibò!

Una simile obiezione, sollevata dall’esponente di un partito che da oltre un anno sta facendo il lavaggio del cervello ai cittadini per convincerli che il voto del 9 febbraio va rifatto, è francamente piuttosto comica. E sulla manipolazione delle informazioni in funzione anti-automobilisti da parte di quelle stesse cerchie che oggi, per motivi ideologici, si oppongono al traforo di risanamento al Gottardo, si potrebbero scrivere molti volumi.

E poi, cari anti-gottardisti, se vogliamo parlare di manipolazione dell’informazione: che dire di quei medici, schierati nel vostro campo, che paventano un’emergenza sanitaria a seguito di un secondo tunnel senza aumento di capacità – e che quindi non provocherà incrementi di traffico – ma non vedono i danni alla salute provocati da 60mila auto di frontalieri che entrano ogni giorno in Ticino? O credono che questi veicoli dalle targhe azzurre emettano essenze di eucaliptus dal tubo di scappamento?

Non lo si ripete mai abbastanza: il traforo di risanamento non

costituirebbe affatto un “raddoppio” visto che la capacità autostradale del Gottardo rimarrebbe immutata: due corsie, una per senso di marcia; però in due tunnel separati. Con un evidente balzo avanti per quel che riguarda la sicurezza: non ci sarebbe più il rischio di scontri frontali. Sì, ci guadagnerebbe proprio la sicurezza stradale che in genere è – almeno a parole - in cima alle preoccupazioni di quelle stesse cerchie che vogliono tagliare per tre anni il cordone ombelicale che lega il Ticino al resto della Svizzera. Ma ora ben vediamo che per certuni anche la sicurezza “conta” a senso unico: solo quando può essere strumentalizzata per imporre nuove vessazioni agli automobilisti.

Ma soprattutto, cari Alleman, Jon Pult (presidente dell’iniziativa delle Alpi) & Co: al contrario di quanto adesso vorreste far credere con un’argomentazione evanescente, l’USTRA non ha nessun motivo di “pompare” i dati delle code al Gottardo per influenzare l’opinione pubblica a favore del secondo traforo, e questo per un motivo molto semplice: il secondo traforo non si fa per diminuire le code. Lo si farà – se il popolo vorrà - per motivi del tutto diversi. Il nostro Cantone, senza un tunnel alternativo, rischia l’isolamento dal resto della Svizzera durante i tre anni di lavori necessari al risanamento della galleria esistente.

Qual è infatti l’alternativa al secondo tubo? Un sistema di navette ferroviarie inefficiente, insufficiente, dai costi spropositati, che comporterebbe la devastazione di centinaia di migliaia di metri quadri di territorio (alla faccia dell’ecologia e della tutela delle Alpi). E che non porterebbe alcun valore aggiunto. Questo è quanto ci sarebbe toccato in sorte, se un bel dì, e meglio il 27 giugno 2012, anche il Consiglio federale non si fosse reso conto che sarebbe stato deleterio imporre al Ticino una simile ciofeca. Da qui la svolta bernese in direzione della nuova galleria.

Opzioni diverse dalle due sopra citate non esistono. In particolare non esistono fantasmagoriche conversioni del vecchio tunnel ferroviario in tunnel autostradale utilizzabile durante i lavori: simili ipotesi sono già state esaminate e scartate per non fattibilità tecnica. Appartengono quindi al fumogeno regno delle fantasie.

Sarebbe davvero sorprendente, poi, se quelle forze politiche presunte progressiste che amano invocare il “rispetto delle minoranze” e la “coesione nazionale” (li abbiamo sentiti tutti i discorsi pieni di pathos a sostegno della nuova imposta pro-SSR prima della votazione del 14 giugno, spacciata appunto come necessaria per la “coesione nazionale” e per le “minoranze”) fossero incoerenti al punto da voler penalizzare una minoranza già sacrificata, ossia i Ticinesi, imponendole tre anni di isolamento contrario ad ogni principio di coesione nazionale.

Lorenzo Quadri

Consigliere nazionale

Lega dei Ticinesi

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