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L'OSPITEManifesto convivialista

16.06.15 - 06:00
di Matteo Quadranti
tipress
Manifesto convivialista
di Matteo Quadranti

Nell’utopia c`è posto per tutti e in tal senso si possono suggerire riforme. Pensare a un’utopia è un modo per rendersi conto di quanto sia complesso il mondo e di come sia difficile ragionare sulle cose che desideriamo e su come vorremmo che gli altri fossero. Mai come oggi l’umanità ha avuto a disposizione tante risorse materiali e competenze tecnico-scientifiche. Considerata nella sua globalità, essa è ricca come nessuno nei secoli passati avrebbe immaginato. Non è detto che sia anche più felice. Nessuno desidera tornare indietro. Ogni giorno si aprono nuove opportunità di realizzazione individuale e collettiva. Eppure, nessuno è disposto a credere che questa accumulazione materiale possa essere perseguita all’infinito senza che si ritorca contro sé stessa e metta a repentaglio la sopravvivenza fisica e morale dell’umanità. Le prime minacce sono di ordine materiale, tecnico, ecologico ed economico. Ma noi siamo più in difficoltà nell’immaginare delle risposte adeguate alle minacce di ordine morale e politico. I problemi fondamentali dell’umanità? Gestire la rivalità e la violenza tra gli esseri umani e convincerli a cooperare; contrastare gli eccessi e abusi verso la natura, il neoliberismo.

Le religioni, le dottrine politiche, la filosofia morale e le scienze umane e sociali hanno tentato molteplici risposte nel corso dei secoli. Le iniziative alternative all’attuale organizzazione del mondo sono innumerevoli, promosse da migliaia di organizzazioni e da milioni di persone. Esse si presentano sotto varie forme: difesa dei diritti dell’uomo, del lavoratore, della donna e dei bambini, del dialogo tra civiltà; economia sociale e solidale (commercio equo, scambio locale e mutuo soccorso); movimenti di indignati vari, …. Queste associazioni hanno in comune la ricerca del convivialismo, dell’arte di vivere insieme che consente agli esseri umani di prendersi cura gli uni degli altri e della natura, senza negare il conflitto. Abbiamo bisogno di un minimo comun denominatore, che risponda contemporaneamente alle seguenti questioni di base: (1) La questione morale: che cosa è lecito per gli individui sperare e che cosa devono proibirsi? (2) La questione politica: quali sono le comunità politiche legittime? (3) La questione ecologica: quanto possiamo prendere e quanto dobbiamo restituire alla natura? (4) La questione economica: quale quantità di ricchezza materiale ci è lecito produrre, e in che modo? (5) La questione spirituale, quella del senso della vita e del rapporto col sovrannaturale. Lo svizzero Hans Küng, teologo ribelle, col suo progetto “Etica mondiale”, auspica che nelle religioni come nell’economia e direi nell’ecologia debba valere la regola d’oro comune: “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Una regola etica minima di reciprocità, trasversale a tutti gli ambiti della nostra vita sociale.

Il convivialismo persegue 4 principi universalizzabili: (1) Comune umanità: esiste una sola umanità che va rispettata al di là delle differenze di ogni sorta; (2) Comune socialità: la ricchezza più grande dell’umanità sono i rapporti sociali; (3) Individuazione: la politica legittima è quella che permette a ciascuno di sviluppare la propria singolare individualità; (4) Opposizione controllata: è consentito agli esseri umani di differenziarsi, accettando e controllando il conflitto senza mettere in pericolo il quadro della comune socialità.

Da questi princìpi discendono considerazioni: (1) morali: ogni individuo ha diritto di sperare

un’eguale dignità, di realizzare la sua idea di vita buona, nel rispetto altrui; (2) politiche: uno Stato, un governo o un’istituzione politica possono ritenersi legittimi solo se rispettano i princìpi di cui sopra. Gli Stati legittimi garantiscono ai più poveri un minimo di risorse e impediscono progressivamente ai più ricchi di sprofondare nell’estrema ricchezza; (3) ecologiche: l’uomo non è padrone della Natura e deve lasciare alle generazioni future un patrimonio naturale protetto; (4) economiche: non esiste una relazione certa tra ricchezza monetaria o materiale, da un lato, e felicità o benessere, dall’altro. È urgente costruire un equilibrio tra mercato, economia pubblica ed economia sociale, solidale, a seconda che i beni o i servizi siano individuali, collettivi o comuni.

Che fare? Occorre affrontare poteri finanziari, tecnico-scientifici e intellettuali. Contro questi, spesso non localizzabili, le tre armi principali saranno: (1)l’indignazione di fronte alla dismisura e alla corruzione, e la vergogna che è necessario far sentire a coloro che direttamente o indirettamente, in modo attivo o passivo, violano i princìpi citati; (2) il sentimento di appartenere ad una comunità umana mondiale; (3) la mobilitazione degli affetti e delle passioni. Se niente viene fatto per senso del dovere, per solidarietà o per gusto di un lavoro ben fatto , allora restano solo motivazioni come il guadagno e il carrierismo.

Ogni politica convivialista concreta e applicata dovrà necessariamente tener conto: (1) dell’imperativo di giustizia e di comune socialità, che implica la riduzione progressiva delle diseguaglianze clamorose; (2) dell’esigenza di prendersi cura dei territori e dei luoghi; (3) della necessità di tutelare l’ambiente e le risorse naturali; (4) dell’obbligo di eliminare la disoccupazione e di offrire a ciascuno un ruolo dignitoso e utile nella società.

In tempi di elezioni locali, credo non guasti mai mantenere un sguardo allargato al mondo in cui viviamo per non perdere il senso delle proporzioni.

 

Matteo Quadranti, granconsigliere PLR

 

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