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L'OSPITE25 aprile 1945: una data importante anche per Lugano

25.04.15 - 14:42
Cristina Zanini Barzaghi ing. civile dipl. ETH SIA OTIA, Municipale di Lugano
25 aprile 1945: una data importante anche per Lugano
Cristina Zanini Barzaghi ing. civile dipl. ETH SIA OTIA, Municipale di Lugano

Il 25 aprile non solo commemora l’anniversario della Liberazione, ma rinnova anche il ricordo dei forti legami esistenti fra le comunità italiane e svizzere a cavallo del confine. La frontiera ci divide certo a livello istituzionale, ma non cancella la nostra vicinanza culturale e la condivisione di esperienze storiche, seppur vissute da due prospettive differenti. La Liberazione di Milano da parte degli alleati del 25 aprile 1945 fece da preludio alla fine della seconda guerra mondiale. Seguirono giorni difficili con confusione e speranza su entrambi i lati del confine e da allora fortunatamente non abbiamo più conosciuto il fantasma della guerra. Alberto Vigevani, che giunse in Svizzera come profugo entrando dal valico di Arogno, nel suo romanzo autobiografico “Compagni di settembre”, pubblicato a Lugano nel 1944, racconta: “Al culmine del bosco uscimmo in un breve altopiano. Aldilà si innalzava un fianco del monte Generoso e veniva la Svizzera. Non ci passò nemmeno per il capo che là la guerra non si sapeva cosa fosse e la gente dormiva nel proprio letto ogni notte dell’anno” Certo, da noi si stava meglio: ma la Svizzera era accerchiata e la guerra influenzava pesantemente le condizioni di vita. Le frontiere erano chiuse e sorvegliate dall’esercito, ma non si moriva di fame. La Svizzera riuscì a preservare la propria libertà e democrazia e Lugano fece la sua parte assumendo un ruolo di primissimo piano come crocevia della Resistenza europea e punto di contatto con gli Alleati. Nella nostra città, assieme a Vigevani, si rifugiarono molti antifascisti. Le personalità locali permisero loro, nonostante i divieti federali, di diffondere le loro idee ravvivando così il dibattito politico e culturale. Ciò avvenne soprattutto tramite la biblioteca cantonale, la radio della Svizzera italiana e i numerosi giornali di varie aree di pensiero, che venivano distribuiti clandestinamente anche oltreconfine. Il passaggio di cultura fa parte del nostro essere svizzero-italiani e anche oggi lo dimostriamo con il nuovo centro culturale LAC che verrà inaugurato il prossimo mese di settembre con una mostra intitolata Nord e Sud.

Settant’anni fa Lugano e tutto il Ticino si distinsero per l’enorme slancio umanitario. La nostra popolazione viveva quegli anni con la consapevolezza di essere “scampata” agli orrori della guerra e si sentiva moralmente in dovere di accogliere le persone in fuga. Le persone più anziane che abitavano a ridosso del confine, ricordano ancora oggi l’entrata dei soldati dopo l’armistizio e l’arrivo dei profughi ebrei, molti dei quali si toglievano la vita se ricacciati indietro.

Nel solo Ticino, giunse dal 1943 al 1945 una fiumana di profughi fino a raggiungere il numero di 45'000: un’enormità se si pensa che oggi l’intero Ticino conta 350’000 abitanti. Moltissime persone di ogni estrazione sociale hanno fornito ogni genere di aiuto, spesso sfidando la legge. La generosità era generale e mescolata all’attivismo politico: non si può negare che un importante ruolo è stato assunto dalle aree cattoliche e soprattutto dal partito socialista ticinese. In ciò ha avuto un ruolo di primo piano la carismatica figura del consigliere di Stato ticinese socialista Guglielmo Canevascini, antifascista sin dagli anni trenta. Egli è stato promotore di innumerevoli azioni di solidarietà a favore dei rifugiati e di aiuto alla Resistenza oltreconfine e nella sua casa di Lugano – Besso sono transitati numerosissimi esuli e profughi. In qualità di Consigliere di Stato si impegnò intensamente a loro difesa, anche mettendosi in contrasto alle disposizioni delle autorità militari federali. È significativo l’appello rivolto al Consiglio federale dal Consiglio di Stato ticinese il 25 settembre 1943 a fronte dell’emergenza umanitaria, per ottenere l’allentamento della chiusura delle frontiere: “Il Ticino non può rinnegare i sentimenti di profonda amicizia che lo legano al popolo italiano, né può dimenticare le pagine gloriose scritte nel secolo scorso in favore di quelli oscuri e illustri profughi che crearono l’Italia del Risorgimento. Fra i profughi attuali forse si trovano le persone che domani saranno a capo del popolo italiano e che non dimenticheranno l’aiuto trovato da noi in ore tragiche: ma anche se ciò non fosse, un senso incomprimibile di fratellanza vuole che i profughi tutti siano trattati con quel senso specificatamente elvetico ispirato alla generosità”

Queste parole sono valevoli ancora oggi.

I tempi sono fortunatamente cambiati e oggi in Europa viviamo in pace.

Purtroppo giungono da noi ancora molte persone che fuggono dalla miseria e da conflitti lontani, ma non meno atroci. E spesso restiamo pressoché insensibili. L’anniversario della Liberazione fa ricordare - sia agli svizzeri sia agli italiani - che la storia non deve ripetersi e che nel nostro piccolo dobbiamo dare anche a queste persone solidarietà e aiuto umanitario, come Lugano lo seppe fare durante la seconda guerra mondiale.

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