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L'OSPITEUn teatrino vergognoso a danno dei Ticinesi

22.02.15 - 17:18
Stefano Modenini, Direttore AITI
Un teatrino vergognoso a danno dei Ticinesi
Stefano Modenini, Direttore AITI

La campagna elettorale si mischia alle gravi conseguenze a livello dell’economia ticinese derivanti dal rafforzamento del franco svizzero. Ne esce una miscela devastante, una corsa a chi fa la voce più grossa nella speranza di carpire qualche voto all’elettorato, ticinese. Uno spettacolo indegno e irrispettoso della popolazione ticinese, i cui protagonisti dovrebbero invece rimboccarsi le maniche per sostenere gli sforzi delle imprese per mantenere l’occupazione.

Come alcuni imprenditori sbagliano, anche i sindacati devono farsi un profondo esame di coscienza. Intanto dovrebbero evitare di mandare nelle fabbriche sindacalisti che qui non vivono e che non conoscono la realtà economica cantonale. Lo sciopero è garantito dall’art. 28 della Costituzione federale, tuttavia non può trattarsi di un esercizio fine a se stesso, tanto per fare un po’ di baccano. Esso non deve contrastare con gli impegni di preservare la pace del lavoro o condurre trattative di conciliazione. In questo senso, invitiamo da un lato le imprese toccate da queste situazioni a mettere in atto ogni sforzo per trovare degli accordi sostenibili con i propri collaboratori, ma le invitiamo pure a tutelare i propri diritti e a chiedere i relativi danni qualora il blocco dell’attività e della produzione dovesse dimostrarsi pretestuoso.

Come abbiamo più volte ripetuto in queste settimane, abbiamo avviato un tavolo permanente delle parti sociali per monitorare la situazione e scambiarsi informazioni di prima mano sulla situazione nelle singole imprese In diversi casi interagiamo insieme presso le imprese per favorire degli accordi di crisi. Tuttavia anche qui siamo costretti a essere espliciti: a volte l’attività delle imprese che hanno raggiunto degli accordi con il personale viene disturbata e il personale messo sotto pressione da parte sindacale affinché rifiuti gli accordi presi. Invitiamo i vertici sindacali a uscire dal torpore e verificare cosa stanno facendo le loro forze sul territorio.

Quanto alle istituzioni e alla loro assenza abbiamo già detto negli ultimi giorni. Non si tratta di chiedere misure speciali, ma è lecito attendersi che gli imprenditori siano ascoltati, perché attraverso i mass media e ascoltando il parere di certi economisti e professori universitari, che non hanno mai creato un posto di lavoro e pagato uno stipendio a fine mese, ne esce un quadro solo parziale se non addirittura distorto.

Intanto iniziamo con il dire che le aziende non hanno passato gli ultimi tre anni senza fare nulla contro la forza del franco, che oltretutto colpisce tutte le aziende, anche quelle a maggior valore aggiunto. In secondo luogo, i vantaggi derivanti dagli acquisti di prodotti e materie prime in zona euro sono erosi dagli sconti del 15-20 % imposti alle aziende dai loro clienti, che minacciano di rivolgersi alla concorrenza. Quando un’azienda a causa del franco forte perde mezzo milione o un milione di franchi al mese non c’è santo che tenga: o si interviene anche sui costi salariali oppure la prospettiva sono i licenziamenti, le chiusure d’attività e le delocalizzazioni. Per questo i lamenti degli economisti e dei professori che accusano le imprese di scaricare con troppa fretta la forza del franco sui lavoratori sono fuori luogo.

Conoscessero davvero le imprese sarebbero più cauti nelle loro dichiarazioni.

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