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L'OSPITECent'anni fa un genocidio dimenticato

04.02.15 - 10:00
Sara Demir, esponente della comunità siriaco-aramaica
Cent'anni fa un genocidio dimenticato
Sara Demir, esponente della comunità siriaco-aramaica

“Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo o la spada?” (Romani 8:35)
Il 2015 segna il primo centenario commemorativo del genocidio del nostro popolo siriaco-arameo, noto come Sayfo-Spada.

All’inizio del ventesimo secolo, durante l’Impero ottomano, i nostri antenati furono massacrati. Oltre mezzo milione di siro-aramei furono sterminati, con armeni e cristiani, e i sopravvissuti furono allontanati dalle loro case; le loro terre e proprietà vennero confiscate, le dignità violate e calpestate. Molti furono costretti a rinnegare la propria fede e il proprio credo. Le chiese vennero ridotte in stalle, ristoranti o fabbriche. Lo scopo di tali atrocità era quello di cancellare il benché minimo segno della presenza cristiana nella regione e di saccheggiarne proprietà e ricchezze.

Questi tragici eventi furono compiuti dallo Stato ottomano ma non solo, macchiando così la regione di sofferenza e miseria. Il nostro vicino colpì il proprio vicino cristiano a morte, esponendolo al massacro e alla persecuzione senza alcuna motivazione o giustificazione. Il popolo siriaco-arameo divenne noto per sopportare coraggiosamente le tragedie e per essere vittima di cospirazioni e complicità in una persecuzione organizzata atta a sopprimerlo e umiliarlo.

È passato un secolo dal genocidio di Sayfo, ma le ferite sanguinano ancora per molti.

Dopo 100 anni assistiamo ancora a morte e distruzione, i cristiani sono nuovamente nel mirino e pare non vi siano accordi internazionali né leggi adeguate a protezione e tutela dei diritti umani dei cristiani e ogni crimine perpetrato è più atroce del precedente. Quanto poco sono cambiate le cose dai tempi di Safyo. 

L’estate scorsa gli abitanti di Mossul sono stati costretti ad allontanarsi dalla loro città e gli abitanti dei villaggi situati nella piana di Ninive cacciati dalla terra dei loro padri. Il popolo siriaco-arameo si trova ancora una volta a vagare alla ricerca di un luogo ameno, accogliente dove fermarsi, cercare riparo e mettere radici per una vita all’insegna della pace e della sicurezza.

La nostra comunità in Siria vive le atrocità della guerra. Decine di migliaia di persone hanno lasciato il Paese diventando dei rifugiati in varie parti del mondo. A dispetto di tutto ciò, noi speriamo ancora in un domani più sereno. Non abbandoneremo mai la nostra fede, una fede che ci è stata affidata. Crediamo alle parole del nostro Signore Gesù Cristo che ci ricorda il nostro patriarca Moran Mor Ignatios Afrem II, ovvero: “Abbiate coraggio, poiché io ho vinto il mondo.” (Giovanni  16:33).

Si vuole dedicare l’anno 2015 alla commemorazione del centenario del genocidio Sayfo e lo si è fatto celebrando la divina liturgia nella Santa sede apostolica di Damasco l’11 gennaio 2015 e in Libano il 18 gennaio. Svariate attività accompagneranno l’apertura del centenario. Il Patriarcato parteciperà inoltre alle celebrazioni e alle attività che si terranno in Svezia, America, India e Roma.

Queste celebrazioni costituiranno un chiaro messaggio per tutta l’umanità: i siriaci-aramei non sono estinti, non sono stati sconfitti e rifiutano di arrendersi all’umiliazione e all’assassinio; i siriaci-aramei vogliono vivere.

Lo scopo di questa commemorazione non è provocare odio e inimicizie, ma piuttosto mostrare fedeltà alla memoria dei nostri martiri innocenti e a ricordare a noi e alle generazioni future le crudeltà subite, affinché la nostra gente e le popolazioni tutte non debbano mai più subire simili atrocità.

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