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L'OSPITELe ARP sono sfuggite al controllo del potere politico

31.01.15 - 06:00
Orlando De Maria, Fronte degli Indignati
Le ARP sono sfuggite al controllo del potere politico
Orlando De Maria, Fronte degli Indignati

Prendendo spunto da un post in FB del Dr. Del Don in cui fa riferimento all’articolo “La bambina sta male, aiutateci” apparso su TIO il 28.01.2015, col quale chiama in campo il CdS al fine d’intervenire.

Di seguito a titolo di cronaca riporto un passo di una e-mail ricevuta dal CdS Gobbi in relazione ad un mio reclamo. “Pertanto il Gran Consiglio, adeguando le norme cantonali alle esigenze poste dal diritto federale, ha designato il Tribunale di appello, Camera di protezione, quale Autorità di reclamo rispettivamente ha collocato l'Autorità di vigilanza presso il Tribunale testè menzionato.

Per questa ragione, conformemente al principio della separazione dei poteri, non ho più nessuna possibilità di occuparmi di problematiche concernenti il delicato e alquanto sensibile settore delle tutele.”

Purtroppo la frittata è stata fatta con l’entrata in vigore il 01.01.2013 delle nuove disposizioni del Codice Civile in materia è venuta a crearsi una situazione che grazie alla quale le ARP hanno acquisito ancora più poteri e, come dimostrato in diversi casi, viene esercitato abusandone in modo improprio.

Quando parlo di abuso in modo improprio mi riferisco al fatto che spesso e volentieri le ARP ricorrono all’uso della risoluzione SUPERCAUTELARE.

I più si chiederanno cosa sia una risoluzione supercautelare e quali siano i suoi effetti, orbene in base alla sentenza del Tribunale Federale del 19.06.2014 – inc. 5°_268/2014 non è impugnabile giusta gli art. 450 ss CC, il che significa che le ARP hanno nelle loro mani uno strumento legale contro il quale non vi è rimedio giuridico, tanto per intenderci è come la decisione di un dittatore.

Tanto per citare un esempio, secondo me, di uso inappropriato posso citare ad esempio una supercautelare emanata da un ARP per ordinare una perizia psichiatrica intenta a definire se la persona in questione fosse in grado o meno di contrarre matrimonio, premesso che la persona in questione non ha mai asserito o manifestata l’intenzione di non volervisi sottoporre.

Questo è solo un piccolo caso senza gravi conseguenze, ma purtroppo l’arma della supercautelare viene usata anche in ambiti più delicati o in casi addirittura inappropriati, in pratica le ARP abusano del loro potere utilizzandola, come già detto, anche quando non necessaria.

Oltre l’uso inappropriato della supercautelare un ulteriore peggioramento è stato cagionato dalla divisione dei poteri.

Prima del 01.01.2013 sopra le ARP, (allora erano chiamate CTR) vi era l’AVT (Autorità di Vigilanza sulle Tutele) che era sottoposta al consiglio di stato, col 01.01.2013 i compiti dell’AVT sono stati trasferiti alla Camera di Protezione del tribunale d’Appello, con la conseguenza che in primis essendo un tribunale vengono applicate le tasse di giustizia, infatti per qualsiasi reclamo o altro bisogna passare alla cassa, fatto che di per se scoraggia ad interporre reclamo, in particolar modo chi ha pochi soldi in tasca.

In secondo luogo così facendo non vi è più il controllo politico e naturalmente per contestare una decisione della Camera di Protezione del tribunale d’Appello bisogna far capo al Tribunale Federale, ulteriore scoraggiamento per chi vuole chiedere giustizia ma ha pochi mezzi.

Purtroppo in base alla legislazione vigente le ARP, su segnalazione in pratica da chiunque possono intervenire intromettendosi nella vita familiare di chiunque, anche se non necessario, ad esempio se un anziano comincia ad avere dei problemi cognitivi e il fatto viene segnalato all’ARP questa, anche se ci sono dei figli che possono gestire la situazione, si intromette ordinando una curatela, il che comporta che i beni dell’anziano saranno gestiti da un curatore designato dall’ARP e che non avranno alcun accesso a informazioni riguardanti la gestione finanziaria del genitore!

Dopo questa doverosa premessa, che concerne il potere delle ARP e sul come lo gestiscono, vorrei portare ad esempio chi compone le ARP luganesi, più precisamente la 3 di Breganzona e la 8 di Pregassona: la presidente delle due ARP è tale Clarissa Toricelli che in occasione del processo del piromane di Lugano esercitava la carica di procuratrice pubblica e che nel corso del processo, il giudice Zali ha espresso il suo fermo disappunto per la decisione della medesima di non consegnare alla difesa l’esito di una perizia, in parte rivista nei complementi successivi.

Il delegato comunale, tale Andrea Chiaruttini che nemmeno risiede nel comune, a questo punto ritengo opportuno citare l’art 11 della Legge sull’organizzazione e la procedura in materia di protezione del minore e dell’adulto che recita testualmente:

Il delegato del Comune deve avere le competenze necessarie per svolgere i compiti attribuiti. Partecipa a riunioni, discussioni e decisioni inerenti la persona domiciliata o abitualmente residente nel suo Comune, ha diritto di voto, può esigere la convocazione dell'autorità, cura i contatti con i cittadini e segnala i casi suscettibili di un intervento.

Qui ho sottolineato nel suo comune, come può essere il suo comune se nemmeno qui vi risiede? Ulteriore perla è che colui che rappresenta il comune e quindi DOVREBBE essere il contatto con la gente ha pure un’assistente a tempo pieno, e tanto per coerenza nemmeno lei risiede a Lugano!

Questi due membri sono affiancati dai rispettivi membri permanenti delle due ARP.

Ulteriore stranezza delle due ARP e che molte udienze vengono tenute dall’assistente del delegato comunale, malgrado dovrebbe essere presente almeno un membro dell’ARP, quindi in pratica tali udienze sono illegali viziandone la legalità delle risoluzioni.

Come se non bastasse, e questo vale per diverse ARP, è quasi consuetudine non rispondere agli scritti o rispondere entro tempi biblici, anche quando si tratta di affari urgenti e necessari per la protezione della persona. Dal canto loro però le ARP quando chiedono prese di posizione ai curatori concedono dei termini molto stretti che di regola sono sui 10 giorni.

Ridicole sono le lettere, ora in parte sostituite dalle e-mail, con le quali le ARP rammentano che i rendiconti annuali devono essere presentati entro il 28 febbraio, in conformità all’24 cpv 2 del Regolamento della legge sull’organizzazione e la procedura in materia di protezione del minore e dell’adulto (ROPMA) 1) (del 29 novembre 2000) ma le medesime si dimenticano che il cpv 3 del medesimo articolo prevede l’approvazione del rendiconto entro il 30 giugno.

Dico ridicolo poiché, salvo rarissimi casi, le ARP non rispettano mai tale termine, vi sono ARP che sono in ritardo di 5, 6 e anche più anni nell’approvazione dei rendiconti.

Chiaramente in questi casi il curatore potrebbe interporre presso la Camera di protezione del tribunale d’Appello reclamo per Denegata giustizia, passo però che pochi fanno per la paura di venire in seguito boicottati dalle ARP e non più ricevere mandati.

Insomma le ARP alla luce dei fatti, così come concepite oggi, sono degli organismi inefficienti e troppo potere è nelle loro mani, urgono quindi dei correttivi.

Fra questi il primo sarebbe di limitare l’uso della risoluzione supercautelare previa autorizzazione Camera di Protezione.

Come appare evidente il potere politico è stato estromesso (vedi spezzone della e-mail di Gobbi) è quindi auspicabile che le ARP siano ancora sottoposte al potere politico.

La regionalizzazione in materia di protezione ha allontanato le ARP dal territorio, se per ARP periferiche la presenza e la conoscenza sul territorio è assicurata, poiché ogni comune ha il suo delegato comunale, di regola un municipale o un consigliere comunale con le competenze, invece le due ARP di Lugano ne sono la dimostrazione, essendo il delegato comunale non residente a Lugano ma in un ameno paesino del Malcantone.

Per essere nell’ottica della legge si dovrebbe avere un delegato per ogni quartiere, come per altro lo era prima delle aggregazioni, in tal modo questo rispetterebbe il ruolo previsto dalla legge e inoltre i delegati di quartiere lo sarebbero di milizia, come quelli delle ARP periferiche, facendo risparmiare alle già disastrate finanze luganesi ben quanto risparmiano con la chiusura dei WC pubblici.

Oso sperare che il consiglio di stato si chini al più presto sulla questione portando i dovuti correttivi, poiché si parla della protezione di persone in primis dalle decisioni sconsiderate di talune ARP oppure, come è abitudine, si aspetta l’irreparabile e che ci scappi qualche morto come successo nel Canton Zurigo?

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