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CANTONEViruuunga: in viaggio, nell'inusuale

07.11.16 - 06:00
Lo scorso 17 ottobre la label On The Camper ha pubblicato - in vinile 10” (picture disc) e digital download - la prima produzione di Viruuunga, un ep, dal titolo “Spank”
Viruuunga: in viaggio, nell'inusuale
Lo scorso 17 ottobre la label On The Camper ha pubblicato - in vinile 10” (picture disc) e digital download - la prima produzione di Viruuunga, un ep, dal titolo “Spank”

LUGANO - Sperimentazioni ossessive, ipnotiche, che ti scaraventano sul fondo, il fondo di un labirinto sonoro cupo, fatto di specchi, in cui la tua immagine riflessa - smarrita, distorta - tenta  di individuare la via di fuga: la intravede, ma forse è soltanto un’illusione, la stessa illusione che ha generato le cinque tracce confluite nell’ep.

Klod (chitarra, voce) - che con Nick (basso) condivide la line-up del duo di base tra Lugano e Giubiasco - ne narra la genesi.

Klod, raccontami la nascita del progetto...

«Nick e io suonavamo in un gruppo stoner/grunge: dopo qualche tempo abbiamo scoperto di avere una certa intesa, un’intesa che ci ha spinto, nel 2014, a creare un progetto parallelo. Una scelta, questa, mal interpretata dagli altri che, d’un tratto, hanno preferito prendere un’altra strada. Ma Nick aveva appena confermato la nostra presenza al Foce di Lugano per un concerto in programma quattro mesi dopo: un periodo in cui abbiamo scritto trenta minuti di musica e registrato batterie e synth per poter suonare quel giorno dal vivo. Da lì siamo partiti con Virunga – con una sola “u”. Proseguendo il nostro percorso, abbiamo integrato Olga, la nostra drum machine, un po' su consiglio di amici, un po' perché, in origine, la sala prove era un salotto nel quale un computer teneva il tempo con ritmi semplici».

Spiegami il nome...

«Il Virunga è il primo parco nazionale africano, fondato in Congo al confine con Ruanda e Uganda; ospita le ultime comunità di gorilla di montagna, specie a rischio d'estinzione, ed è una zona costantemente minacciata da guerre civili, bracconaggio e speculazioni petrolifere. Abbiamo aggiunto due “u” al nome per essere meglio reperibili online e al contempo mantenere il riferimento a questo ecosistema fragile e magnifico, ottima metafora della vita».

Vuoi entrare nel dettaglio del processo compositivo delle cinque tracce?

«Lavoriamo ai pezzi come chiunque: partiamo da un'idea grossolana e la suoniamo fino alla nausea per ottenere una canzone. Scegliamo un ritmo a pezzo e creiamo le dinamiche con strumenti e voce. Abbiamo la fortuna di avere amici che ci sostengono e che danno le loro opinioni su quello che facciamo; i loro consigli sono stati utili per individuare punti forti e deboli del nostro progetto. “Spank” è uscito su On The Camper Records e Aris Bassetti - che con Barbara Lehnhoff guida la label - ha fatto da produttore, aiutandoci moltissimo a mantenere una coerenza stilistica, affrontare il lato tecnico delle registrazioni e confezionare grafica e comunicazione. In “Broken Glasses” ha anche partecipato alla composizione, facendo sì che recuperassimo una canzone che non riuscivamo a concretizzare».

Perché “Spank”?

«Volevamo un titolo semplice e capace di offire molte interpretazioni, alcune ironiche, altre drammatiche. Lo “schiaffo” si riferisce sia ai temi trattati nelle canzoni, sia alla musica che proponiamo: un universo scuro che tenta di guardare al di là dei luoghi comuni, e lo fa abbracciando l'inusuale. Chi sta male, chi agisce in maniera eccentrica, chi ci mostra le difficoltà da cui è colpito, provoca in noi uno schiaffo morale per il quale rimaniamo basiti, confusi; proprio questo inaspettato confronto con realtà che solitamente rinneghiamo dovrebbe però darci la capacità di meglio comprendere gli altri e, di conseguenza, accettare il diverso con più serenità».

Potresti analizzare versi e strofe, brano per brano?

“Harry”: «Il testo è molto corto e presenta il benessere momentaneo, avvolgente ma effimero, che in realtà dissimula qualche tipo di rassegnazione».

“Catastrophe”: «Tutto va male, non vedi soluzioni e nessuno può aiutarti; è la storia di chi ha perso ogni speranza e vuole isolarsi da tutto e tutti».

“Dissonant”: «Le dissonanze non sono sempre nocive; in questo caso rappresentano l'insicurezza e l'inappropriatezza sociale di chi fatica a integrarsi nel sistema ma riesce comunque a interagirci».

“Broken Glasses”: «Scritto dal punto di vista del narratore, è il racconto delirante di chi si abbandona allo sconforto e abbraccia la sua rassegnazione; dà sfogo ai suoi istinti autodistruttivi ma al contempo tenta di comunicare con gli altri».

“Going North”: «Durante un viaggio interiore e senza meta, un colloquio immaginato con sé stessi offre spunti di riflessione sul carattere effimero della vita».

Quali i vostri ascolti nel corso del processo di lavorazione?

«Nick Cave, Neu, Kurt Vile, Jacco Gardner, Joy Division, Ulver, Neil Young, Steve Gunn, Metallica, Endless Boogie, Black Sabbath, Neurosis, Melvins, Om».

Raccontami le registrazioni...

«Abbiamo registrato buona parte del materiale nel nostro locale prove, tra ottobre e dicembre 2015, con un processo a più tappe: dapprima, abbiamo suonato le canzoni per intero, per mantenere l'interpretazione “live”; in seguito abbiamo registrato alcune percussioni aggiuntive e ri-registrato le voci per non avere ritorni di altri strumenti. Lo scorso mese di gennaio ci siamo rinchiusi tra le mura de La Sauna Recording Studio di Varese, dove abbiamo eseguito i reamp di basso e chitarra, aggiunto ulteriori percussioni e qualche synth; ci siamo anche divertiti a registrare le voci che uscivano dagli amplificatori. Avere tracce preregistrate ci ha dato spazio per la ricerca sonora in modo che la post-produzione fosse minima. Tutto il processo è stato seguito da Aris Bassetti, che ci ha aiutato con preziosi consigli e stimoli continui».

Qual è l'ultimo album che hai comprato?

«L'ultimissimo è “Mausoleum” (Relapse Records, 2016) di Myrkur, un'artista danese che suona black metal ma che in tale occasione propone le sue canzoni in chiave acustica e con cori dal sapore un po' liturgico. Mi è piaciuto molto. Apprezzo gli artisti che reinterpretano la propria musica e la trasformano mantenendone l'identità concettuale».

E Nick?

«Una compilation intitolata “German Super Rock” (Brain, 1975), con un sacco di gruppi krautrock, proto-punk e sperimentatori germanici. Da quanto mi ha detto, è una colonna sonora universale zeppa di spunti».

Quando i prossimi show nella Svizzera italiana?

«In gennaio: il 13 suoniamo al Mono Bar di Locarno e il 21 torniamo al Foce di Lugano, accompagnati da Tam Bor».

Info: viruuunga.net ;

 

 

 

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