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SVIZZERATutte le strade portano a Memphis

20.06.16 - 06:00
Colleen Duran narra la genesi di “Memphis” (Coffindodgers), il suo primo album da solista dato alle stampe il 1. maggio scorso
Tutte le strade portano a Memphis
Colleen Duran narra la genesi di “Memphis” (Coffindodgers), il suo primo album da solista dato alle stampe il 1. maggio scorso

ZURIGO - Americana, di Memphis, Tennessee. Da qualche tempo, Colleen Duran vive a Zurigo, dove condivide la vita e le fila del duo MGY con André Tschan (alias Larsen B.). «Questo disco raccoglie gli ultimi due decenni della mia esistenza… - mi spiega Colleen - Riflessioni impresse su nastro in versi, in strofe, molto intime, molto personali...».

Dieci canzoni che Colleen Duran - muovendosi in più territori sonori - questa volta ha voluto mettere a punto in un limbo tutto suo, fatto di ricordi, fatto di suoni, ammalianti, che appartengono a un altro tempo, forse a un’altra vita…

Colleen, raccontami la genesi dell’album…

«Volevo realizzare questo disco da anni. Un disco in grado di raccogliere i sentimenti e le emozioni che ho provato, e le esperienze che ho vissuto, da giovane donna a Memphis: un periodo fatto di alti e bassi, droga e party… Ho pianto tanto, ma nel contempo sono cresciuta, insieme ad amici che sento molto vicini ancora oggi, nonostante siano a miglia e miglia di distanza… Ho scritto buona parte delle canzoni quando vivevo ancora a quelle latitudini... Lavorare qui in Svizzera con altri musicisti e con il produttore Rudolph Dietrich al primo album degli MGY, “Trail Of Devastation” (Coffindodgers, 2008), mi ha dato la fiducia necessaria per tornare a focalizzarmi su quel materiale, su quelle demo, fino a decidere di realizzare delle nuove registrazioni, qui nel nostro home studio…».

Quali gli istanti - e quindi quali i brani - più significativi della tua vita a Memphis?

«Ognuno di essi è importante, non potrei fare una scelta…».

Vuoi entrare nel dettaglio della traccia numero nove, “The Actress And Richard”?

«Racconta la mia esperienza teatrale, ossia di quanto un attore, un’attrice, può calarsi a fondo nel personaggio che interpreta, fino quasi a perdere la propria identità...».

Quali, secondo te, le maggiori influenze musicali confluite nel disco?

«Le sonorità sviluppate negli anni Ottanta, il punk e il rock’n’roll stanno alla base del progetto, così come il funk, per le linee di basso. In questo caso potrei citare Rick James. C’è anche del brit pop, credo che le maggiori influenze provengano da gruppi come Pulp, Lush e i primi Radiohead».

L’edizione in cd, rispetto all’edizione in vinile, conta quattro bonus track, quattro cover, non così comuni… Cosa vuoi dirmi al riguardo?

“Brownies For Breakfast” (Admiral James T): «Amo questa canzone, anche se per questa mia versione ho deciso di modificare il testo... Musicalmente, inoltre, credo si avvicini molto a ciò che ho fatto…».

“The Promised Land” (Chuck Berry): «Il viaggio dalla East alla West Coast narrato nei versi in realtà l’ho fatto anch’io, in autobus. Inoltre, nel mezzo della canzone Chuck Berry fa un nitido riferimento al Movimento per i diritti civili: la figura di Martin Luther King, per me, è stata, ed è tuttora, importantissima...».

“Lily Rosemary And The Jack Of Hearts” (Bob Dylan): «È una delle canzoni di Dylan che amo di più...».

“Far Side Of Crazy” (Wall Of Voodoo): «Ho registrato la mia versione molto in fretta, con un sintetizzatore… Mi è sempre piaciuto il testo… Ricordo, poi, quando i Wall Of Voodoo si esibirono a Memphis, all’Antenna Club, e le ragazze, ammaliate, che si scioglievano davanti al fascino di Andy Prieboy...».

Stai pianificando un tour?

«Per il momento non ancora, ma, nel caso, almeno una tappa sarà riservata alla Svizzera italiana...».

 

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