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TEST DRIVEUna Lambo davvero Superveloce

19.07.15 - 09:00
Siamo stati in un circuito di Formula 1 per provare la Lamborghini più veloce della storia: la Aventador LP750-4 SV
Una Lambo davvero Superveloce
Siamo stati in un circuito di Formula 1 per provare la Lamborghini più veloce della storia: la Aventador LP750-4 SV

Per un attimo mi è sembrato di tornare indietro nel tempo. Di più: mi è sembrato davvero, per qualche secondo, di essere tornato negli anni ’80. Un epoca non tanto distante ma nei cui confronti ora, in tempi di continua repressione e ostruzionismo, sentiamo più che mai la nostalgia. Uscito dalla curva 9 del Circuit de Cataunya, altrimenti chiamata “campsa”, mi sono per un attimo ritrovato in un convoglio di quattro Lamborghini Aventador SV, vale a dire: SuperVeloce. Tutti nei colori più vistosi che si possano immaginare, tutte con quelle enormi e quasi assurde appendici aerodinamiche in bella mostra, tutte con un urlante e quasi arcaico dodici cilindri aspirato proiettate in quarta piena verso l’orizzonte. Sul momento veniva quasi da chiedersi: “siamo davvero nel 2015?”

Di assurdo però non c’è proprio niente. Tantomento di arcaico. In questa Lambo, la più veloce della storia, vi si trova semmai l’elevazione all’ennesima potenza di tutte le conoscenze di cui dispongono a S.Agata Bolognese: dalla concezione dei motori al reparto sospensioni passando per le competenze aerodinamiche acquisite nelle competizioni. Senza dimenticare la vera specialità della casa: quel materiale tanto leggero quanto resistente che è la fibra di carbonio. Che, di fatto, è uno devi veri protagonisti. Quando ti sei calato nel sedile il cui guscio è realizzato anch’esso in fibra di carbonio ti ritrovi letteralmente avvolto da questo splendido materiale, con il braccando alla tua sinistra e il tunnel centrale che, di fatto, sono lo scheletro di questo missile terra-terra.

Per farla breve la SV è una Aventador portata all’eccesso, nel senso positivo del termine. Obiettivo: velocità ed efficacia. Così si è deciso di rimuovere i tappetini, di offrire il sistema di intrattenimento multimediale (gratuitamente) solo su richiesta, di estendere l’uso della fibra di carbonio anche ai pannelli porta e di rimuovere parecchio materiale fonoassorbente. In tutto si sono risparmiati 50 chili per un peso complessivo di 1’525 kg, che divisi per i cavalli risultano in un impressionante rapporto peso/potenza di 2,03 kg/cv! E poi c’è l’aerodinamica: ala fissa con tre regolazioni manuali, efficienza aerodinamica migliorata del 150% e carico aerodinamico incrementato del 170%. Più vai avanti ad esplorare le caratteristiche tecniche e più chilometri percorri in pista, maggiore diventa la sensazione che questa potrebbe davvero essere la tua “ultima volta”. L’ultima volta in cui parteciperai ad una prova di un’automobile nuova di pacca alla quale è permesso di essere così estrema, così diabolicamente rumorosa, spinta da un motore che tra un po’ sarà destinato ai libri di storia.

Un motore che solo per i suoi numeri e la sua concezione sfiora la pornografia. Parliamo infatti di 6,5 litri ripartiti su 12 cilindri, il cui regime di rotazione massimo è stato spostato da 8’350 a 8’500 giri al minuto. La potenza massima di 750 cavalli - 50 in più rispetto all’Aventador tradizionale - viene erogata appena 100 giri prima dell’intervento del limitatore. La coppia, ora di 690 Nm, viene erogata a 5’500 giri al minuto. Roba d’altri tempi, accompagnata da un sound che non si può descrivere. Le prestazioni, in breve: 2,8 secondi per toccare i 100 chilometri orari partendo da fermo e una velocità massima capace di andare oltre la soglia dei 350.

Poi ci sono le qualità di guida. Perché basta impostare due curve ad alta velocità per capire quanto la SV sia ancora più specialistica rispetto alla già velocissima Aventador: qui tutto, ma proprio tutto, è focalizzato su velocità ed efficacia. I sedici giri del circuito catalano tutto a nostra disposizione si possono riassumere in una continua ricerca di limiti fisici che sembrano non arrivare mai: merito del carico aerodinamico, degli strepitosi Pirelli PZero sviluppati in esclusiva, delle sospensioni push-rod ora a controllo magnetereologico. Il divario tra i limiti (elevati) di una Aventador e quelli (elevatissimi) della SuperVeloce sono decisamente tangibili. Per l’utente comune è rassicurante poter contare su un’elettronica che se parzialmente disinserita ti permette di giocare senza farti male, di poter saggiare e quindi godere delle delizie dinamiche. Per esempio lo sterzo più diretto rispetto ad una Aventador tradizionale, la trazione integrale che ti permette sempre qualche sovrasterzo controllato o il retrotreno che segue fedelmente eventuali rilasci dell’acceleratore. Superagile e supercoinvolgente, oltre che superveloce. Ma la vera libidine è comunque poterla guidare libera, a briglie sciolte, e dopo un po’ che la capisci la puoi (quasi) rivoltare come un calzino. Certo: per girare sotto i sette minuti lungo la Nordschleife del Nürburgring bisogna per forza chiamarsi Marco Mapelli, riuscito nella grandiosa impresa di fermare il cronometro a 6 minuti 59 secondi e 73 centesimi. Ciò significa essere arrivato poco distante da quei sei minuti e cinquantasette secondi segnati dalla Porsche 918 Spyder o dalla McLaren P1. Con la differenza che l’Aventador non ha un motore ibrido da quasi mille cavalli bensì un “banale” quanto quasi arcaico V12 aspirato. Un epico affronto e una vittoria quantomeno morale di un raffinato dinosauro evolutosi fin dove la legge lo ha permesso contro le nuove leve politicamente corrette. L’ultimo momento d’orgoglio prima di doverci definitivamente rassegnare alla realtà, ovvero che molto presto automobili così pure e autentiche non esisteranno più.

 

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