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CADROGiocando s'impara (a fare impresa)

22.05.17 - 06:30
Alle battute conclusive X-Manager, il torneo di ImprendiTi che aspira a incoronare lo Steve Jobs del Ticino. Grandi assenti: «Donne e coraggio»
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Giocando s'impara (a fare impresa)
Alle battute conclusive X-Manager, il torneo di ImprendiTi che aspira a incoronare lo Steve Jobs del Ticino. Grandi assenti: «Donne e coraggio»

CADRO - Alla ricerca dello Steve Jobs del Ticino: un po' parafrasi fuori luogo di un celebre cartoon e del suo più recente sequel; un po' metafora e provocazione. Quando in febbraio prese il via la sfida, non si poteva certo immaginare che sarebbe andata in questo  modo. Quattro i ragazzi che oggi restano in gara: e il primo, nella classifica ancora provvisoria, si è già lasciato indietro gli altri con risultati impressionanti, addirittura 183 volte migliori di chi gli sta subito dietro.

Confrontare il suo con i nomi celebrati della Silicon Valley, o con il fondatore nientemeno che di Apple, pian piano è venuto ovvio: più augurio che riscontro di una carriera già carica di promesse. Ma è ancora tutto da scrivere; o tutto da giocare, perché in fondo gioco continuerà a essere. Virtuale, secondo il disegno di ImprendiTi, che ha sfruttato un'app sud-coreana dedicata alla gestione di una compagnia aerea per mettere in competizione il talento dei giovani locali – e offrire loro anche una vetrina, in vista magari di una proposta di collaborazione imprenditoriale.

Sedici partecipanti, 20mila franchi in palio: mercoledì, a Cadro, è tempo di semifinali, che finalmente diventano pubbliche. Da lì ne usciranno solo due, che si contenderanno il titolo di miglior manager "per finta", il 7 giugno. Si concuderà così la prima edizione di un torneo dove spicca, e spiccava fin dall'inizio, un'assenza: le donne. «Purtroppo è vero», ammette Marco Jaeggi di ImprendiTi, che però non ne fa una questione di genere. Se X-Manager, in fondo, si è dimostrato solo lo specchio della realtà in cui le donne latitano, è un altro - dice - l'aspetto su cui lavorare: il coraggio di mettersi in gioco.

«Qualche ragazzo si è tirato indietro dicendoci: "E se sbaglio? Che figura ci faccio?". Sì, ci aspettavamo più iscritti», ammette Jaeggi, secondo cui «ciò dimostra che c'è bisogno di operazioni di questo genere, per incentivare la cultura dell'assunzione di responsabilità e di rischio». Tradotto: buona la prima; appena si finisce, si ricomincia. «Organizzeremo un altro torneo, migliorando l'esperienza fatta stavolta». 

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