Radersi è ancora di moda e i produttori speculano su una situazione quasi di monopolio
ZURIGO - La rasatura è un business: lo si può dire a ragion veduta, davanti a un giro d'affari da miliardi di dollari. Ci sarà pure un motivo se, oggi a Düsseldorf, Gillette e Wilkinson saranno in tribunale a discutere e contendersi brevetti. È che i soldi che fanno girare, in un mercato dove farsi la barba è ancora abitudine interessante, sono davvero tanti.
Troppi, secondo i clienti. In Svizzera, un set da otto pezzi di Gillette-Fusion-Pro-Glide, cinque lame, viene in media 45 franchi. Va un po' meglio, quanto a prezzo, con le Hydro 5 di Wilkinson, 21 franchi. Ma restano comunque tariffe eccessive nell'opinione di chi si occupa di protezione dei consumatori. «Il motivo principale? Le spese di marketing e i margini di guadagno», prova a spiegare André Bähler, a capo della sezione Politica ed economia della fondazione.
La scarsa concorrenza, almeno fino a qualche anno fa, avrebbe contribuito in maniera pesante a questo risultato. Dice Christopher von Hallwyl di Shave-lab.com che «la gente non aveva altra scelta se non pagare prezzi predeterminati da una situazione quasi di monopolio». Su analoga lunghezza d'onda Martina Waser, Shavejack.ch. «I marchi più noti hanno fatto dei ricambi dei rasoi un grosso business. E gran parte dei soldi che ricavano finisce in attività promozionali oppure direttamente nelle tasche dei produttori», afferma, alludendo a costi di realizzazione che non incidono in maniera significativa sul prezzo.
Smentiscono però i chiamati in causa. Procter & Gamble, società statunitense di beni di consumo che annovera anche i brand Gillette e Wilkinson, replica che le critiche sono fuori luogo, prive di giusto fondamento. «La manifattura delle lamette – giura un portavoce – richiede una tecnologia sofisticata, che fa lievitare i costi».