L'azienda prima si difende, poi ci ripensa: troppa polemica e commenti ironici sui social network
TEL AVIV - Alla fine, ha dovuto porgere le sue scuse. Perché il catalogo Ikea presentato in Israele, con libri di religione nsugli scaffali e mai una donna in cucina o in camera da letto, non è piaciuto proprio a nessuno: in fondo neanche agli ebrei ultra-ortodossi, circa l'11% della popolazione con percentuali in costante crescita, che voleva conquistare.
ll capo di Ikea in Israele, Schuki Coblenza, si è affrettato a prendere le distanze dalle immagini e una filosofia che «non corrisponde a ciò che Ikea è». Inevitabile, visto il putiferio scatenato su Facebook e i commenti ironici al volume pubblicitario consegnato nelle cassette dalla posta dei quartieri bene. Da quelli apparentemente più innocui, «E la mamma dov'è», a quelli provocatori, «Stanno promuovendo le famiglie monogenitoriali, c'è da rallegrarsi».
Sulle prime, Ikea ha difeso la sua linea e la sua scelta: «Abbiamo deciso di diffondere un catalogo che permetta agli ultraortodossi di godere dei nostri prodotti nel rispetto del loro stile di vita - ha risposto formalmente con un comunicato - Non c'è differenza di prezzo nei prodotti pubblicizzati per gli haredim (gli ultraortodossi) e il resto del paese». Ma la polemica che non si attenuava ha costretto a rivedere la posizione aziendale.