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CANTONE/CINAIl giro del mondo su una sedia: quando il design è per tutti

06.10.16 - 07:28
Reduce da ottimi riscontri in Cina, Simone Viola da Mendrisio porta in giro la sua idea di un arredamento di qualità ma a prezzi accessibili, grazie a una concezione modulare dei pezzi
Il giro del mondo su una sedia: quando il design è per tutti
Reduce da ottimi riscontri in Cina, Simone Viola da Mendrisio porta in giro la sua idea di un arredamento di qualità ma a prezzi accessibili, grazie a una concezione modulare dei pezzi

MENDRISIO - C'è chi, nella letteratura, il giro del mondo se lo fa in nave a vapore e in treno. Chi, nella finzione cinematografica, sale perfino su una mongolfiera. A lui, e lui solo, capita invece di farlo su una sedia. Quella che ha disegnato nel suo studio di Mendrisio e che, ultima in ordine di tempo, ha conquistato anche la Cina. Mercato non scontato, differente senza dubbio dalla norma e l'abitudine, che ha risposto con entusiasmo alle creazioni di Simone Viola, 31 anni: reduce da una fiera in cui «non do numeri, però vi assicuro che sono parecchio alti». 

Tutti possono essere moderni - Ma forse non è neppure questo il vanto di cui farsi fregio. È un'aspirazione, a beneficio di se stesso, della sua ambizione personale e pure degli altri: convinti che il design non sia esattamente alla portata di ciascuno. Troppo ambizioso, caro, inabbordabile: ma è un pregiudizio, giura Simone, al pari di quello con cui ha già fatto i conti e che vuole l'Oriente disinteressato alla qualità. «Si è sempre pensato che la Cina sia un posto dove il livello è basso - ragiona - Niente di più falso, oggi». Perché dunque non credere anche in questo: e provare a rendere democratico il design. 

Dalle auto all'arredamento - Anni di studio, di lavoro, di pratica e teoria. «Sono partito così, alla fine del liceo. Volevo occuparmi di car design, sono andato a Milano a studiare industrial design. Mentre frequentavo le lezioni, la mia visione è cambiata. Mi sono focalizzato sull'arredo. Qualcosa che dà l'opportunità di rendere le tue idee fruibili dalla gente. Di raggiungere un numero maggiore di persone». Ancora troppo ristretto, però, per quella che era la sua brama.  

Un talento... "seriale" - «Nel 2009 sono tornato in Svizzera. Ho lavorato in uno studio di Lugano. Un anno e mezzo. Poi ho provato a camminare sulle mie gambe». E a tradurre nel concreto quella che era un'intuizione. «Io non sono un artista che produce pezzi unici. Voglio progettare oggetti da realizzare serialmente e da vendere su ampia scala. Voglio fare un design accessibile, dai prezzi non proibitivi, senza rinunciare alla qualità, grazie a pezzi modulari con cui ottimizzare la produzione e abbattere i costi». 

Una collezione autofinanziata: e benedetta dalla rete - Uscire dai giri precostituiti: e un po' paludati, anche. Il primo passo è stato rivolgersi alla rete. «Avevo 26 anni. Cominciai con una mini-collezione. Quattro-cinque pezzi, autofinanziati. Volevo provare a spingerli su internet, per farmi conoscere. Blog, siti. Un portale americano ne restò colpito e pubblicò un articolo. Cominciai a piacere, a essere condiviso, ripubblicato. Ricevetti un feedback che non mi sarei mai aspettato». Da qualunque parte del mondo tranne che dalla Svizzera, scherza oggi ma non troppo. «La gente mi contattava, voleva acquistare subito».

Una passione da quindici ore al giorno - Cinque anni dopo, Simone è di questo che vive. Lavora «quattordici quindici ore al giorno» e non si lamenta: «È la mia grande passione». Sedie, sgabelli, tavoli, ma anche maniglie e appendiabiti. Collabora con un paio di aziende, una delle quali nata con lui. «Ne gestisco l'immagine, l'idea che sta dietro il brand. Di qui a poco seguirò anche tutto il team: sarò io a scegliere nuovi designer, a valutare le opere e decidere su quali puntare». 

«Il Ticino può conquistare il mondo» - Shangai è già una parentesi: che non si scorda, specie quando sei stato «una superstar. Lì tutti ti vogliono. L'Occidente in Cina è un plusvalore, loro impazziscono per te, tu sei qualcuno». Soddisfazioni, bei ricordi, ma è tempo di passare oltre. Il sogno resta lì, sotto forma di suggerimento per una categoria talora troppo autoreferenziale, innamorata di se stessa. Lui, però, si schermisce. «Quello che voglio far capire agli altri, e al Ticino, è solo che si può arrivare al mondo anche se lavori in un piccolo ufficio di Mendrisio». 

 

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