Secondo uno studio di Harvard, la scelta di un dipendente dipende dal sesso del selezionatore, che si mette nei panni altrui e sceglie quelli più comodi
HARVARD - Lasciamo stare il Consiglio federale, che è altra cosa e – invoca Simonetta Sommaruga – ha bisogno urgente di quote rosa. In azienda, i problemi di parità fra sessi potrebbero avere una spiegazione banalissima, una soluzione dunque ancora più facile.
Nessuna discriminazione pura e semplice alla base: il fatto è che la selezione del personale viene svolta in prevalenza dagli uomini, i quali tendono a considerare più adatti al posto individui dello stesso sesso. In totale buona fede, per mera analogia con la propria persona.
La Harvard Business School ha condotto addirittura uno studio su quella che ritiene una tendenza consolidata. Nell'indagine "Is gender discrimination about gender?", che provocatoriamente pone una domanda retorica, Katherine B. Coffman e Christine L. Exley, assieme al professor Muriel Niederle di Stanford, sostengono che gli stereotipi non c'entrano nulla, né i pregiudizi o l'avversione.
Com'è umano che sia, chi valuta semplicemente si mette nei panni degli altri, scegliendo quelli che gli stanno più comodi. Ne consegue che, se a gestire il colloquio è una donna, parimenti l'assunzione toccherà con più probabilità a una donna, alla faccia di chi chiacchiera di rivalità femminile. Peccato, però, accada di rado. Chi vuole raccogliere il suggerimento...