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CANTONEInternet of things: e l'informatica torna a piacere

16.08.17 - 11:00
Istituito il primo corso di laurea dedicato, ma il rischio è che si tratti solo di un "nuovo" nome con la promessa di aprire le porte del mercato del lavoro
Internet of things: e l'informatica torna a piacere
Istituito il primo corso di laurea dedicato, ma il rischio è che si tratti solo di un "nuovo" nome con la promessa di aprire le porte del mercato del lavoro

MANNO/UDINE - Data scientist, business analyst, big data architect, digital copywriter, digital advertiser. Superfluo ribadirlo: il futuro professionale è qui. Gira attorno a quell'«Internet of things» che, adesso, è anche scuola. All'università di Udine è stato ufficialmente istituito il primo corso di laurea dedicato, in partenza l'anno accademico che si appresta a cominciare.

Alla Supsi la terza "Summer school" - Quello che alla Supsi per ora è solo un seminario estivo, alla terza edizione dal 4 al 15 settembre prossimi, in Italia è finalmente diventato un insegnamento composito, ripartito su tre anni. In Ticino, bisogna attendere i tempi del master per frequentare lezioni approfondite di qualcosa di parimenti specialistico, capace - si promette - di aprire più facilmente le porte pesanti del mondo del lavoro. All'Usi ci sono l'intelligenza artificiale e i sistemi cyber, per esempio.

Una bella scatola con tanti cassetti - Attenzione, però, a non farvi tentare da semplici parole vuote. Oggi siamo già all'«Internet of everything», mette in guardia Alessandro Trivilini, docente-ricercatore al dipartimento tecnologie informatiche della Supsi, a significare che tutto è già iper-connesso e il nuovo, in un certo senso, è già vecchio. Perché di internet delle cose si parla da tanto, troppo tempo e in questo campo «ciò che è nuovo oggi fra cinque anni sarà già superato». Il rischio, cioè, è che si tratti solo di una bella definizione, un "contenitore" utile a ridare appeal a diploma informatico che in effetti «ha consumato i suoi confini. C'è bisogno di nuova linfa e nuove prospettive».

L'esempio di Friborgo - Rinominare il passato, dunque, non basta. «L'Internet of things è solo una scatola con tanti cassetti: c'è da capire quali si vogliono aprire. Serve un nuovo paradigma, non solo un nome con il quale magari mascherare ed emancipare informazioni generiche; sono necessari approcci didattici, culturali e metodologici freschi, dove la cosa, l'oggetto, sia al centro e tutte attorno ruotino le competenze, che da verticali diventano così trasversali». Per stare al passo con l'epoca e la velocità del cambiamento evolutivo, da studiare «non c'è più il dato fine a se stesso. In un'ottica interdisciplinare, qualcosa in questo senso è stato fatto anche all'università di Friborgo». 

 

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