MONDOFabbriche di click: ma quante sono?

PECHINO - Il primo caso a finire nel vortice, era il 2013, generò scalpore e indignazione. «Immorali noi? Ditelo a chi ci commissiona il lavoro», replicò in video tale Russel, difendendo la legalità della sua azienda in Bangladesh. Business: produrre "Like" e "Follower" sui vari Facebook e Twitter. Falsi, ovviamente.

Quattro anni sono passati, niente è cambiato. Stavolta lo scoop è dei giornalisti del portale English Russia; dunque, vuoi anche perché la notizia nel frattempo è diventata consuetudine, destinato a pasare più in sordina di quanto accadde con Channel 4 del Regno Unito. Ma le immagini sono altrettanto eloquenti e sul web iniziano a fare il giro: raccontando le stesse cose, aggiornate ai tempi.

Allineati come in batteria, negli uffici di un'azienda cinese, gli smartphone sono oltre diecimila. Servono a produrre rating, positivi, per le app che pagano per farsi belle. Né più né meno di quanto svelato già nel 2015 da Tech in Asia, quando diffuse il video di una donna che scaricava applicazioni, le installava, le usava e valutava, poi le disinstallava, le scaricava ancora e via così. In quel caso, al lavoro erano i tablet.

I nomi sono tanti. iFeng, Tech Web, CZong News Info, Weibo and Duowan, tutte impegnate nel far la stessa cosa. Diffidare dunque, sempre e comunque? Non più di quanto già si dovrebbe fare con una notizia, in fondo. Il mercato delle Fake news è altrettanto florido, ricorda periodicamente la cronaca. Ma sconvolge meno di quel 31% circa di consumatori online che, secondo Gartner International, si lascia condizionare dagli indici di gradimento online prima di un acquisto.