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CANTONEIl doppio di precari in dieci anni: ormai siamo a uno su cinque

22.02.17 - 17:06
Il Ticino è il cantone con l'incremento più preoccupante: «Ormai siamo a livelli da record svizzero»
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Il doppio di precari in dieci anni: ormai siamo a uno su cinque
Il Ticino è il cantone con l'incremento più preoccupante: «Ormai siamo a livelli da record svizzero»

LUGANO - Il doppio di lavoratori sottoccupati; il doppio di lavoratori interinali; +172% di ore prestate. Se le parole dei sindacalisti soffrono l'accusa di essere poco obiettive, si prendano allora in considerazione i numeri nudi e crudi. I quali raccontano di un Ticino dove la flessibilità, che per molti e troppi versi di traduce in precarietà e disagio, è realtà ormai per un lavoratore su cinque.

Circa 17.400 sottocupati: avrebbero bisogno di lavorare di più - Beninteso, nulla di negativo in sé e per sé. «La flessibilità può anche essere intelligente», concorda Renato Ricciardi, segretario cantonale Ocst. Ma l'interpretazione che il Ticino ha cominciato a darle, dal 2005 a oggi, fa mostra di essere invece deleteria. Tanto che la parte preponderante dei 17.400 assunti a tempo parziale oggi, pari al 10% della forza lavoro impiegata in Ticino, si dichiara insoddisfatto: avrebbe bisogno di più entrate, vorrebbe aumentare il proprio grado di occupazione, ma non ci riesce. «Oggi c'è un grosso fabbisogno di lavoro non soddisfatto», spiega Ricciadi.

Donne, svizzere e di buona cultura - Donne in due casi su tre, per il 60% di nazionalità svizzera e con una buona formazione alle spalle. «Eppure la metà di questi 17.400 sottoccupati, che hanno superato di gran lunga gli 11.600 disoccupati, lavora meno del 50%. E ha un reddito insufficiente al sostentamento della propria famiglia».

150% in Svizzera, 200% in Ticino - A dimostrare come i dati statistici che narrano di un Ticino dove l'occupazione aumenta, a un ritmo maggiore rispetto al resto della Svizzera, sono una mezza bugia: «Per i due terzi, si tratti di incrementi di impieghi a tempo parziale: che soddisfano soltanto qualcuno di quanti li accettano». Oltre alle aziende, che evidentemente hanno più convenienza ad assumere due lavoratori al 50% piuttosto che uno al 100%: «Banalmente, perché con due persone la produttività aumenta».

Circa 11.500 interinali, molti frontalieri - Ma la sottoccupazione, fenomeno che registra un +200% in Ticino a fronte di un 150% in Svizzera, è solo una delle due forme «più preoccupanti» di precarietà in Ticino. L'altra è il lavoro interinale. «Anche in questo caso, siamo al raddoppio in 10 anni. Oggi sono circa 11.500 persone», cioè fra il 7 e l'8%. Il 42% è frontaliere, per lo più uomo: il numero dei lavoratori stranieri uomini assunti da un'agenzia è passato da 2.300 nel 2005 (il 40% all'epoca) a 8.200 (il 70% oggi). «Inevitabile domandarsi: "Questo incremento a quali esigenze dell'economia risponde?"».

Se la disoccupazione cresce, di chi è la colpa? - La risposta, in un certo senso, è a nessuna. «Il lavoratore interinale è semplicemente una pedina più facilmente occupabile. Storicamente, il personale a prestito serviva per far fronte a picchi di lavoro o a eventi  non previsti. Oggi invece ci sono persone che lavorano ormai da anni in questo modo. C'è da rifletterci. Quanto tutto questo ha contribuito alla sostituzione della manodopera residente con personale straniero? Quanto ha inciso sul fenomeno della disoccupazione?».

Lo stage anche per chi ha già esperienza - Poi c'è il lavoro a chiamata, a ore, «che pone un problema di programmazione e frammentazione». O anche lo stage, che «si protrae oltre il dovuto, anche quando l'esperienza è già acquisita, con paghe inadeguate». Nessun identikit definito: «Precario, oggi,  è il giovane come la donna o il lavoratore maturo». Un trend trasversale, con percentuali che, sommato il 10% di sottoccupati con il 7-8% di interinali e una quota imprecisata di altre forme di lavoro non adeguatamente tutelate, non faticano a raggiungere, e nella migliore delle ipotesi, il 20% della popolazione attiva in Ticino. «Purtroppo, dobbiamo registrare la sostituzione di lavoratori assunti dall'azienda con lavoratori interinali. A volte si tratta addirittura degli stessi».

Crescono gli infortuni: perché si conosce meno il posto di lavoro - Conseguenze? Ce ne sono di indiscutibili, come di sorprendenti. Per esempio: rispetto a qualche tempo fa gli infortuni sono aumentati e la spiegazione, secondo la Suva come l'Ue, è proprio quella lì. «Si conosce meno il lavoro e il posto del lavoro, dunque si è più a rischio», parafrasa Ricciardi. C'è anche la salute: più fragili dal punto di vista psicologico e psicosomatico, ci si ammala più facilmente. «Insonnia, mal di testa, stanchezza, tendenza al suicidio. I precari fanno uso di un maggior numero di farmaci, come sonniferi e antidepressivi».

Il paradosso: ci si ammala di più, si è più presenti - E qui si arriva al paradosso: «Il presenteismo. Si viene al lavoro lo stesso, per paura di essere licenziati». E perdere quel poco che si ha. La soluzione? Una. «Arginare l'isolamento del dipendente. Aiutarlo a difendere i propri diritti, per esempio quando il lavoro parziale è fittizio. Facciamo appello alle aziende, affinché combattano la concorrenza sleale e non scarichino il rischio d'impresa sui lavoratori». Perché «noi non siamo contro la flessibilità. Siamo contro la sua applicazione abusiva». 

 

 

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