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CANTONEParità salariale, che miraggio: ma qui nessuna lo ammette

01.12.16 - 06:01
Svizzera al di sotto degli obiettivi: ma i casi che arrivano all'ufficio di conciliazione di Bellinzona si contano sulle dita di una mano. Il Ticino è un'oasi felice o una bugia?
Parità salariale, che miraggio: ma qui nessuna lo ammette
Svizzera al di sotto degli obiettivi: ma i casi che arrivano all'ufficio di conciliazione di Bellinzona si contano sulle dita di una mano. Il Ticino è un'oasi felice o una bugia?

BELLINZONA - È la stessa Svizzera, in qualche modo, ad autodenunciarsi: ammettendo, dinnanzi all'Onu, di dover fare di più per le donne sul posto di lavoro. Perché è qui che la disparità più deleteria si fa viva: con il «persistere di discriminazioni retributive», si segnala nel rapporto presentato all'inizio di novembre a Ginevra; con la sottorappresentanza femminile nelle posizioni di vertice, con la difficoltà di conciliare infine impiego e famiglia. Scontato che ne derivasse un monito: a rafforzare l'impegno istituzionale per l'uguaglianza di genere nella realtà professionale. 

Meno 13 posizioni in un anno nella classifica Wef - Le previsioni restano peggiori degli appelli e degli auspici. Quel trentesimo posto appena nella classifica del Wef per parità di opportunità economiche (meno 13 posizioni in un anno appena) e quell'anno 2186 in cui, in linea con il resto del mondo, si stima dovrebbe essere raggiunta finalmente l'uguaglianza, così di là da venire che sembra una presa in giro, vanificano tanti buoni propositi, parole, numeri e obiettivi.

Dal 30% di quote rosa al 5% di differenza tollerata - Una quota rosa del 30% nei cda, caldeggiata dalla Confederazione davanti a un attuale 13,4% soltanto e un punto percentuale virgola tre in meno rispetto al resto del mondo, si mostra ancora poca cosa in una realtà dove la donna è costretta nel 60% dei casi, spesso controvoglia, al lavoro parziale, è quasi esclusa dai ruoli di top manager responsabilità totale di un'azienda (6,7% contro 13,8% nel mondo, 12,6% in Europa) e accettata come responsabile delle finanze il 70% delle volte in meno rispetto agli uomini.

L'idea: verificare gli stipendi ogni quattro anni - Il Governo non si scoraggia: e invita le aziende con oltre 50 dipendenti a un controllo dei salari ogni 4 anni contemplato in una modifica della legge dedicata al fine di abbattere quella differenza che i sindacati stimano ancora del 15%, ma che non dovrebbe essere superiore al 5%, quota tollerabile. La domanda, dunque, a questo punto è una: fa forse il Ticino eccezione? O perché, piuttosto, preferisce tacere invece di alzare la voce?

Cinque denunce al massimo: e nel 2015 nessuna - Lo dicono le cifre, paradossali, dell'ufficio di conciliazione di Bellinzona, istituto preposto a dirimere le controversie in materia di parità dei sessi sul posto di lavoro senza ricorrere alla Pretura. Alte, altrove: nella regione di Zurigo, confermano per esempio i responsabili, sono molti i casi che giungono sul tavolo. Nella Svizzera italiana, invece, sono addirittura in diminuzione: e comunque imbarazzanti. Solo 5 le istanze del 2000; tre l'anno successivo, 4 nel 2002. Poi 1, 3, 2, 3, 3, 4, 3, 2: fino ad arrivare a zero nel 2010, come lo scorso anno del resto.

Discriminazione salariale: 31 casi in 15 anni - Questioni salariali, nella quasi totalità dei casi: 31 su 40. E per lo più si risolve, salvo un'eccezione o due. Solo una molestia in quindici anni, tre casi di mobbing; cinque di impedimento alla carriera e due di impedimento all'assunzione. «Registriamo una tendenza analoga a quella dei cantoni romandi», osserva l'avvocato Mara Pedroia Manni, presidente dell'ufficio, accennando a ciò che chiama "problema". «La carenza dei casi. È probabile che a volte finiscano in pretura, altre si risolvano all'interno della ditta», opzioni alternative al ricorso alla mediazione in tale sede.

Un'opportunità poco nota: e che mette paura - Eppure «è un peccato», dice. Perché è «una procedura confidenziale, gratuita»; e «uno strumento molto utile». E perché, pare sottointeso, gioca un ruolo non indifferente la paura. «È vero che magari quest'opportunità non è abbastanza conosciuta, nonostante gli opuscoli tradotti e diffusi. Di certo, a questo proposito, si può fare di più. È vero anche che le grosse ditte hanno al proprio interno strumenti di sostegno. Ma in una realtà piccola come la nostra non è da escludere che le persone abbiano più timore a uscire allo scoperto».

"Il paese è piccolo e la gente mormora"? - Preoccupazione per possibili ripercussioni, un po' di vergogna, pure. «Difficile valutare le ragioni esatte». Resta un po' di amarezza. «Perché anche solo parlare, in un ambiente protetto, può aiutare: a valutare la situazione senza preconcetti. Già rivolgersi a noi sarebbe positivo. Invece c'è chi desiste senza neppure provare». 

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COMMENTI
 

elvetico 7 anni fa su tio
Sulla parità salariale tutta la Svizzera è IPOCRITA.

moonie 7 anni fa su tio
finché continuerete a parlare di quote rosa non andremo da nessuna parte. non contano i numeri ma le competenze e quando queste ci sono, uomo o donna che sia, va pagato. in ogni caso ancora una volta per le aziende sotto i 50 impiegati ci si può pure fottere, soprattutto in tutto il comparto del segretariato che si sta sgretolando dietro a stipendi da fame e il coltello puntato in schiena... riduzioni di stipendio oppure c'è la fila a 1/3 dello stipendio. vigliacchi i datori di lavoro e i politici figli di

SosPettOso 7 anni fa su tio
La confederazione vorrebbe imporre le quote rosa nei cda privati, ma com'è la situazione nei suoi uffici? ...e nei cda/consessi dove invece sono le donne a dominare? ha intenzione di fare qualcosa?
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