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CANTONEMicrobirrifici, che tentazione: ne nasce almeno uno al mese

24.04.15 - 06:00
Dalla produzione per uso personale al mercato di nicchia: molti gli appassionati che nell’ultimo anno si sono dati al grande salto, un’altra ventina è pronta a farlo
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Microbirrifici, che tentazione: ne nasce almeno uno al mese
Dalla produzione per uso personale al mercato di nicchia: molti gli appassionati che nell’ultimo anno si sono dati al grande salto, un’altra ventina è pronta a farlo

LUGANO - La tendenza si intuisce già a passare in rassegna la pagina online che Philippe Corbat alias Bov, "cacciatore di birre" per missione, dedica al Ticino senza la pretesa di essere esaustivo: nel 2014 si segnalano sette nuove micro-cantine, una già nel 2015. Ma la situazione è addirittura ben più interessante, giura chi la conosce e vive di prima mano: "Ogni mese almeno un paio di persone vengono a farmi assaggiare la loro produzione artigianale – racconta Roberto Storni, unico “sommelier della birra” e del vino nel Cantone – È il loro banco di prova prima di metterla sul mercato".

“Un boom sorprendente” - Che il fenomeno fosse in corso non è novità; la decina di birrifici appena che da metà Ottocento agli anni Novanta del secolo scorso si sono succeduti in Ticino sembra quasi preistoria. Ma che negli ultimi mesi avesse assunto proporzioni di tal sorta sorprende anche l’esperto. "Sono una ventina quelli che si apprestano ad entrare in funzione: c’è stato un boom, è vero. Come si spiega? La gente ha cominciato a prendere coraggio. Se ne parla di più, dunque si osa di più".

Prima gli amici, poi gli scaffali in negozio - Produzioni spesso modeste: per sé, gli amici, il negozio di vicinato o il piccolo bar, la festa di paese. "Si comincia per sé, poi si passa agli amici, infine si inserisce un commerciante o un ristoratore fra la clientela". Si parte con poco, un kit per la produzione personale da qualche litro e soldo; poi la voglia cresce, la stima arriva, l’hobby diventa impresa temeraria. C’è chi comincia con un impianto da 20 litri appena, chi si prende il rischio di un investimento importante. "A volte mi tocca sorprendermi della qualità. Ultimamente, per esempio, la latteria di Preonzo e un giovane di Cassarate mi hanno fatto assaggiare un paio di cose molto interessanti".

Dal latte alla birra - Segno dei tempi che cambiano. Mentre la produzione di latte crudo nelle stalle viene meno, la birra artigianale, che oggi sembra vivere la propria età del loro, finisce col prendere il suo posto. Fra i prossimi microbirrifici a essere inaugurati, quello di Preonzo si distingue per gli spazi dove ha ricavato i suoi impianti. La produzione per consumo personale è già avviata: pronta ad arrivare sul mercato, si guadagnerà un nome anche grazie ai locali dell’ex-latteria stranamente convertita in birrificio. Anomalia? Non meno di quella delle bottiglie della Terra Matta di Martino Mombelli, Sagno (Valle di Muggio), che si comprano perfino in libreria, a Chiasso.

Mercato saturo? "Macché" - Fra le più recenti attività commerciali, ecco invece Gopf Biir di Tesserete, appena «200 litri a settimana, a volte meno”, riconosce onesto Andrea De Luigi. Cinque le tipologie in vendita dal 2015, tante quante i soci: trentenni del Luganese per i quali la birra è passatempo. «Abbiamo investito intorno ai 3mila franchi per incominciare. Da gennaio-febbraio di quest’anno la vendiamo anche in un negozio di Origlio e uno a Cassarate: 4 franchi la bottiglia, 6 si comprano invece a 20 franchi. Il 20% è per noi, il resto per il mercato: ma non è un’attività a scopo di lucro. Vendere ci serve solo a coprire i costi, stimati in 50 centesimi al pezzo fra ingredienti, bottiglia e affitto dei locali». Mai temuto di arrivare su una piazza ormai già satura? "Macché. In fondo siamo piccoli: ci stiamo".

Oltre 100 birre e 4500 ettolitri - Ognuno ha la sua storia, le sue recondite ambizioni. Ma gli stili che vanno per la maggiore, declinati secondo personale attitudine e gusto, alla fine sono due: "La Indian Pale Ale, con il suo tenore alcolico maggiore e un impatto più immediato, e l’Imperial Stout". La produzione artigianale, spiega Storni, si concentra sulle birre ad alta fermentazione, più facili da gestire. Contrariamente alle apparenze, "fare una buona chiara è più difficile". In sordina, il Ticino ha già ampiamente superato i 4 500 ettolitri annui e le 100 birre; il prezzo, "almeno 2,50 franchi a bottiglia a fronte degli 80 centesimi del supermercato", non è penalizzante. "È una birra da degustazione: la gente è disposta a spendere di più per avere qualcosa di particolare. Non che tutte le birre industriali vadano demonizzate e le artigianali osannate. Dico che c’è grande voglia di provare qualcosa di nuovo, di genuino, a km zero. Certo il franco non aiuta: ma sul mercato italiano, gravato dalle accise, si riesce ancora a essere competitivi".

“Lasciatevi stupire: è meglio del vino" - Di birra si vive? "Si vive. Basta avere spirito d’iniziativa, fare marketing, proporsi senza timore. La tendenza a lanciarsi c’è; internet aiuta molto. Peccato i ristoratori siano ancora un po’ restii a proporre birre artigianali locali: ragion per cui i microbirrifici sono costretti a imbottigliarla. L’ideale invece sarebbe venderla alla spina: si trasporta e conserva meglio". Abbinamenti? "Bisogna abbandonare i pregiudizi e lasciarsi stupire. Nell’immaginario collettivo la birra viene associata alla pizza: ma le sue possibilità sono infinite. Contrariamente al vino, che cerca il contrasto, la birra si abbina per affinità: l’acido con l’acido, il dolce con il dolce. Può accompagnare formaggi, salumi, dessert, cioccolata. Se si abbina bene, sa essere addirittura migliore del vino".

 

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