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CONSUMIIl prezzo amaro di un bicchiere di succo di arancia

08.10.13 - 20:00
Etica e guerra dei prezzi. In Brasile braccianti sfruttati ed esposti agli agenti chimici nelle piantagioni di arance. Le Associazioni dei consumatori in Svizzera tengono conto di questi aspetti?
Foto d'archivio (Keystone)
Il prezzo amaro di un bicchiere di succo di arancia
Etica e guerra dei prezzi. In Brasile braccianti sfruttati ed esposti agli agenti chimici nelle piantagioni di arance. Le Associazioni dei consumatori in Svizzera tengono conto di questi aspetti?

AMBURGO - Quanto costa a livello sociale ed umano la guerra dei prezzi? Dal settimanale tedesco Spiegel giunge oggi un esempio, in cui viene presentato uno spaccato sulla realtà del mercato dei succhi d'arancia in Europa.

Nello Stato brasiliano di San Paolo sono circa 200 i milioni di alberi di aranci. E' dal paese sudamericano che arrivano i due terzi dei succhi d'arancia venduti nell'Unione Europea.

Un litro di succo di arancia a 0,89 euro - Ci si chiede come, per esempio, in Germania, un litro di succo di arancia comprato al supermercato possa costare soltanto 89 centesimi di euro. Il Sindacato tedesco Ver.di (il corrispettivo della VPOD svizzera) e la "Christliche Initiative Romero", oltre a denunciare lo sfruttamento e le condizioni di lavoro pietose per gli occupati brasiliani che lavorano nelle piantagioni, hanno calcolato la suddivisione del prezzo del litro del succo di arancia venduto in Germania. Su 89 centesimi, circa 19 finiscono nelle casse del supermercato, 25 centesimi vanno alle aziende di imbottigliamento che ordinano il succo concentrato di arancia prodotto in Brasile, circa 14 centesimi nelle casse dello Stato sotto forma di tasse, 11 centesimi rappresentano i costi di trasporto, pratiche doganali e amministrative. Quello che resta alle aziende agricole brasiliane dell'arancia sono in tutto 20 centesimi lordi.

Lo sfruttamento dei braccianti - Le condizioni di lavoro dei braccianti sono estremamente dure. Essi ricevono contratti stagionali, a durata limitata, e sono costretti a mettersi in spalla sacchi fino a un peso di 30 chili. Se non dimostrano di essere soddisfacenti nella loro capacità produttiva non verranno più richiamati nella stagione successiva. Per questo motivo, per paura di perdere il posto di lavoro, rinunciano alla pausa pranzo. Per due tonnellate di arance al giorno raccolte, il bracciante riceve 9 euro. Il massiccio uso di fertilizzanti poi espone maggiormente il lavoratore a rischi per la salute.

40 kg di arance a 2,60 euro - Molte piantagioni sono gestite da piccoli proprietari che vengono costretti a vendere sottocosto la loro produzione ai giganti Citrosuco, Louis Dreyfus e Cutrale. Nel 2012 per una cassa di 40 chilogrammi di arance il coltivatore ha ricevuto circa 2,60 euro.

Prezzi bassi grazie allo sfruttamento. Cosa ne pensa l’ACSI? - Questa la situazione in Brasile. La questione sulla guerra dei prezzi e l’etica nell’acquisto l’abbiamo girata ad Antoine Casabianca, presidente dell’Associazione Consumatori Svizzera Italiana. Gli abbiamo chiesto se l’ACSI tiene in considerazione l’aspetto etico nella sua battaglia sui prezzi.

La parola ad Antoine Casabianca, presidente ACSI - "Nei nostri statuti è previsto il concetto di economia sostenibile: sia a livello ambientale sia a livello sociale. Da alcuni anni noi raccomandiamo ai nostri soci e ai consumatori di seguire non solo la linea del prezzo più basso, ma di capire da dove arrivano i prodotti e i servizi che compriamo e a quale condizioni sono stati creati. Il principio seguito è quello del consumo responsabile. E' giusto che, per poter avere un certo equilibrio sul pianeta, tutti abbiano la possibilità di sopravvivere dignitosamente. Se non stiamo attenti a quello che facciamo, un giorno o l'altro saremo anche noi a dover lottare per la nostra sopravvivenza".

L’assurdo: pretendere prezzi più bassi, acquistare e poi sprecare - “Nella Svizzera di oggi la maggior parte della popolazione è in grado di poter tenere conto di questi criteri e dovrebbe farlo. Quando si parla di spreco alimentare dobbiamo renderci conto che è assurdo pretendere prezzi sempre più bassi per poter acquistare sempre di più. Il risultato: si butta via e si spreca. E' meglio pagare il giusto perché così facendo, a lungo termine, si garantisce la qualità”.

Il caso della carne di pollo contaminata con batteri resistenti agli antibiotici – “Più sono raggruppati, più sono stressati, più sono sensibili alla malattia, più bisogna ricorrere agli antibiotici, più avremo un'alta concentrazione nel suolo nell'aria e nell'acqua di batteri resistenti agli antibiotici che usiamo anche noi esseri umani”.

I prezzi del pollo al supermercato – “Quando guardiamo il prezzo dei filetti di pollo, notiamo che si va da un prezzo da 8 a 40 franchi al chilo”.

Se il prezzo è alto sono sicuro che la qualità sia migliore?
“Purtroppo non è così. Ci sono dei furbi che giocano proprio sul fatto che la gente crede a questo principio”.

E allora di cosa bisogna tenere conto nella scelta?
“Bisogna innanzitutto tenere conto della provenienza: prendendo i polli di "Terra Svizzera" o della Coop i prezzi sono più elevati, è vero, ma d’altra parte abbiamo una garanzia di qualità. E' meglio consumare meno carne, ma di qualità migliore, rispetto a fare scorte di chili che vengono poi consumate in modo eccessivo senza avere una garanzia di qualità”.

La coerenza -  "Se uno pretende di avere un trattamento di lavoro equo dal suo datore di lavoro in Svizzera dovrà pensare che questi diritti dovrebbero essere estesi a tutto il resto della popolazione. Se vedo dei capi di abbigliamento che mi vengono venduti a 9 franchi come accade in certi negozi in Ticino, devo pormi una domanda: com'è possibile, tra materie prime e lavoro arrivare a questo prezzo? Anche i vestiti dovrebbero essere scelti in base a dei criteri un po' più sociali ed ecologici. Questo se si può. Se si è in una condizione di vita stentata il discorso è diverso”.

L’incoerenza – “E' vero che ci sono delle incoerenze non solo tra i consumatori, ma anche tra i nostri distributori. Si lamentano se i ticinesi vanno a fare la spesa in Italia, ma poi si scordano che loro, come datori di lavoro, tutti i giorni fanno la spesa in Italia, assumendo i frontalieri".

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