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ITALIAReferendum, Zaia vuole lo statuto speciale per il Veneto

23.10.17 - 22:31
Maroni soddisfatto anche se l'affluenza si ferma al 40%: «Entro due settimane la nostra proposta al Governo». Renzi: «Ora abbassiamo le tasse»
Keystone
Referendum, Zaia vuole lo statuto speciale per il Veneto
Maroni soddisfatto anche se l'affluenza si ferma al 40%: «Entro due settimane la nostra proposta al Governo». Renzi: «Ora abbassiamo le tasse»

VENEZIA - È un tavolo già difficile da comporre quello che Veneto e Lombardia chiedono a Roma per il negoziato sull'autonomia. Per i governatori Zaia e Maroni non c'è dubbio che l'interlocutore debba essere il premier Paolo Gentiloni.

Soprattutto il governatore veneto punta molto sulla partita fiscale ma anche sullo statuto speciale per ottenere il massimo vantaggio in termini di ritorno per la regione. Ma al momento, a Venezia e Milano si prospetta una partita incentrata sull'articolo 116 che prevede un dialogo con l'esecutivo per aprire a maggiore autonomia solo su alcune materie. Ma niente fughe in avanti, come quella sostenuta con veemenza da Zaia. Fughe che richiederebbero profonde modifiche costituzionali.

Le materie trasferibili alle regioni sono 23, secondo l'articolo 116 della Costituzione. Tre sono di competenza esclusiva dello Stato (giustizia di pace, istruzione e tutela dell'ambiente e dei beni culturali) e 20 concorrenti (tra cui spiccano il coordinamento della finanza pubblica e il tributario). Su queste materie fa leva il governo, stoppando con decisione qualsiasi possibilità che riguardi lo statuto speciale. Messaggio fatto pervenire ai governatori sia da ministri come Maurizio Martina che da Palazzo Chigi. Anche se il premier Paolo Gentiloni non ha mai chiuso alla possibilità di una trattativa veloce su tutto il resto. Tanto da far vacillare il governatore Veneto che, dopo aver messo sul piatto lo statuto speciale, ha abbozzato una marcia indietro per ritornare sui binari dell'articolo 116.

Sta di fatto che al momento la trattativa rischia di scricchiolare prima ancora di iniziare, rendendo difficile delineare la road-map del negoziato tra il Governo e le Regioni del Nord. Bobo Maroni, che ha parlato al telefono con il presidente del Consiglio, ha detto di aver avuto da lui «un via libera al confronto su tutte le materie previste dalla Costituzione, con il coinvolgimento del ministero dell'Economia» per il coordinamento del sistema tributario.

Se di fisco si dovrà parlare, quindi, Zaia e Maroni lo faranno con il ministro Pier Carlo Padoan. Il tema delle risorse sarà al centro della trattativa, ma questo - ha precisato Maroni - non significa che ci sia stata un'apertura formale sul residuo fiscale. «Il ministero dell'economia - ha detto Maroni - è un osso durissimo ma da questa parte c'è qualcuno che ha le spalle larghe...».

Un altro aspetto della trattativa riguarda l'ipotesi di un tavolo a quattro, Veneto-Lombardia-Emilia Romagna-Governo. Cosa che non dà fastidio a Stefano Bonaccini: «Si facciano trattative bilaterali o tutti insieme, lo si deciderà e lo deciderà il Governo di concerto con i presidenti delle Regioni. Nessun problema a sedermi con Maroni e Zaia».

Il dossier che arriverà a Palazzo Chigi con i referendum dell'autonomia e la trattativa dell'Emilia Romagna non è di poco conto: si tratta di tre Regioni che insieme vantano più di 82 miliardi di residuo fiscale; 15,4 il Veneto, 13 l'Emilia Romagna, 54 la Lombardia.

Un dossier che, sull'onda delle prossime campagne elettorali, potrebbe aprire al stura verso nuove richieste da parte di numerose altre regioni, comprese quelle del Sud.

Zaia: «Nessun contatto col Governo» - «Non abbiamo ancora preso contatti con il Governo». Lo ha detto il Governatore del Veneto Luca Zaia ospite di 'Quinta colonna' sul referendum per l'autonomia.

«Assolutamente no - ha ribadito Zaia -. Penso che al di là delle strette di mano, dei sorrisi e delle photo opportunity è bene andare con un progetto, un progetto che abbiamo approvato oggi».

«Il referendum è stato autorizzato dalla Corte costituzionale se esponenti del Governo continuano a dire che ciò non conta nulla lo vengano a dire nel nostro territorio», ha detto Zaia rispondendo alle critiche sulla legittimità, fatte a diverso titolo, dal sottosegretario Gianclaudio Bressa e il ministro Maurizio Martina. Ha aggiunto «tra qualche mese ci sarà la campagna elettorale magari troveranno anche le sale piene di veneti che stanno lì ad ascoltare: la verità è che i veneti vanno rispettati».

«Due milioni e 200mila persone, quelle hanno votato, non sono tutti elettori del mio partito; i veneti hanno dimostrato in maniera trasversale da destra a sinistra di aver risposto all'appello per l'autonomia. Noi più che fare battaglia vogliamo avere un atteggiamento ghandiano - ha aggiunto Zaia - ovvero che sia sepolta l'ascia di guerra da parte del Governo, visto che a 48 ore dal referendum prima che si aprissero le urne ci ha mandato il conto dei militari per 2 milioni e 44mila euro quando due anni fa alle regionali il conto era di 151 mila euro, non abbiamo particolari strategie perché sono già previste dalla legge: c'è che abbiamo fretta perché da noi sono 25 anni che si aspettava questa tornata referendaria».

Renzi: «Abbassare le tasse è una priorità» - Ha lasciato che il Pd andasse in ordine sparso nel voto su un referendum che lui stesso, dal punto di vista tecnico, aveva definito inutile. «Capisco chi vota sì», si era limitato a dire. Ma dopo aver letto i risultati in Lombardia e Veneto Matteo Renzi non ha dubbi: il messaggio dei cittadini è chiaro e «non va minimizzato». E il segretario del Pd intende farlo, mettendo al centro della sua campagna elettorale il tema delle tasse e della necessità di abbassarle: «Questa è la vera priorità».

A votare in Veneto, riflette Renzi guardando al dato più significativo per affluenza, non sono andati solo a votare gli elettori della Lega o gli autonomisti. Anzi. Si contano «900 mila persone in più». Perciò, spiega il segretario Dem su Facebook, è ancora più evidente che, al netto di una «pubblicità ingannevole e una gestione lombarda dei dati goffa», i cittadini hanno voluto mandare un messaggio che non è quello di una «deriva catalana o secessione padana». Quello riguarda «pochi invasati». La richiesta vera è quella di «più autonomia e più efficienza, maggiore equità fiscale, lotta agli sprechi a livello centrale e periferico». E al fondo c'è una «gigantesca questione fiscale», avvertita nelle Regioni del Nord, come in tutta Italia.

Perciò è quasi galvanizzato dal risultato in Lombardia e Veneto, che Renzi si prepara a giocare in gran parte sulle tasse la sua campagna elettorale. A dispetto di chi dice che «abbassare le tasse non è di sinistra». E con la convinzione di poter competere, alla luce di quanto fatto dal suo governo con misure come l'abolizione dell'Imposta municipale unica (Imu), gli 80 euro e il canone Rai, con il centrodestra anche nelle sue roccaforti. Ecco dunque il rilancio della sua proposta di ritorno a Maastricht, con un deficit al 2,9%, per una «riduzione annuale delle tasse tra i 30 e i 50 miliardi di euro». Possibile? Il leader Dem assicura di sì. In ogni caso, assicura, sarà al centro della sua proposta.

Qualche dettaglio delle misure ha già iniziato a distillarlo, con l'idea di dare 80 euro al mese per ogni figlio minorenne per famiglie che non superino una certa fascia di reddito («Non ai figli di Marchionne o Elkann»). O la proposta di un «bonus badanti». Dalla conferenza programmatica Pd di questo weekend a Napoli potrebbe venire qualche nuova idea. Ma la campagna elettorale è lunga: «Giù le tasse», sarà il suo mantra.
 
 


 

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COMMENTI
 

GIGETTO 6 anni fa su tio
W il Veneto ai veneti!! Bravo Zaia basta mantenere Roma con i soldi del Nord!!

falcodellarupe 6 anni fa su tio
un altro abitante di Creta!!!!
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