Il capo dell’Agenzia per la difesa dell’ambiente Scott Pruitt ha commentato così la decisione di Trump di uscire dall’accordo di Parigi
WASHINGTON - «Una decisione molto coraggiosa»: così il capo dell'Agenzia per la difesa dell'ambiente (Epa) Scott Pruitt ha definito oggi l'uscita dall'accordo di Parigi annunciata ieri da Trump.
«Ha messo l'America al primo posto, non c'è niente di cui chiedere scusa», ha detto in una riunione con i giornalisti alla Casa Bianca.
Pruitt ha riconosciuto che «le attività umane contribuiscono in qualche misura al cambiamento climatico, ma che è difficile misurarne l'impatto». L'alto funzionario ha ammonito sul rischio di esagerazioni nel valutare l'incidenza dell'attività umana sul surriscaldamento globale ed ha definito l'accordo di Parigi «un mucchio di parole» con benefici «minimi» sull'ambiente.
Pruitt ha poi eluso la domanda se il presidente Donald Trump creda che il cambiamento climatico sia una realtà e una minaccia per gli Usa, rispondendo che l'attenzione di Trump era concentrata su «una sola questionex, ossia se l'accordo di Parigi era un accordo buono o cattivo per il Paese, concludendo che danneggiava l'economia degli Usa.
Secondo il funzionario, spetta agli altri leader mondiali decidere se sedersi al tavolo per rinegoziare l'accordo di Parigi o un nuovo accordo sul clima.
Stati e città USA «avanti lo stesso» - Donald Trump annuncia il ritiro degli Usa dall'accordo di Parigi sul clima e tre governatori democratici rispondono stipulando un patto che impegna i loro Stati - California, Washington e New York - a fissare e rispettare limiti sulle emissioni che eguaglino i parametri di Parigi, rimanendo quindi legati all'accordo rifiutato dal presidente.
E' la 'US Climate Alliance', l'alleanza per il clima guidata dai governatori di New York Andrew Cuomo, della California Jerry Brown e di Washington Jay Inslee ma che fa già proseliti tra i 50 Stati americani e in numerose città, dando vita ad un vero e proprio movimento di rivolta contro la decisione di Trump.
Il governatore di New York Andrew Cuomo ha firmato già oggi l'ordine esecutivo per aderire all'alleanza, ma alla protesta vanno via via unendosi altri governatori: dal Colorado al Massachusetts al Connecticut; mentre scendono in campo anche i sindaci di 61 città - tra cui New York, Chicago, Los Angeles, Filadelfia, New Orleans, Seattle e Boston - che non intendono voltare le spalle ai quasi 200 Paesi che hanno aderito all'intesa di Parigi.
L'accordo negoziato da Barack Obama nel 2015 prevedeva per gli Usa l'impegno volontario a ridurre le emissioni inquinanti di 1,6 miliardi di tonnellate entro il 2025, l'alleanza dei governatori è determinata a continuare sulla stessa strada, anche se specifici obiettivi per ciascuno Stato non sono stati fissati. Resta tuttavia fortissimo l'impegno in prima persona dei governatori, al punto che il californiano Brown ha in programma un imminente viaggio in Cina proprio per discutere di politiche ambientali con altri leader.
Ed è un movimento che si estende a macchia d'olio e tira dentro numerose realtà e diverse voci influenti. Come quella di Michael Bloomberg che ha promesso di donare 15 milioni di dollari a sostegno degli sforzi delle Nazioni Unite contro il cambiamento climatico. «Faremo tutto ciò che l'America avrebbe fatto se fosse rimasta nell'accordo», ha garantito il miliardario di New York, tra le figure più prominenti di un gruppo che comprende 30 sindaci, tre governatori, oltre 80 presidenti di atenei universitari e oltre 100 imprenditori determinati a lavorare sul tema con l'Onu. Trump o non Trump.