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REGNO UNITO Il governo di May promette di svelare qualche carta

07.12.16 - 21:12
La prima sfida sul campo di battaglia di Westminster in materia di Brexit prende le forme di una schermaglia
Il governo di May promette di svelare qualche carta
La prima sfida sul campo di battaglia di Westminster in materia di Brexit prende le forme di una schermaglia

LONDRA - Il governo di Theresa May si piega alle pressioni dell'opposizione laburista (ma anche della fronda di casa Tory) e promette di scoprire le carte d'una qualche road map verso la Brexit, in parlamento, prima dell'avvio dell'iter di divorzio dall'Ue. O meglio di scoprirne qualcuna.

Ma resta sul vago - almeno fino a quando la Corte Suprema non gli ordinerà in via definitiva di sottomettersi a un voto davvero vincolante delle Camere - e riesce in parallelo a blindare a suo favore un punto chiave: la scadenza per la notifica dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona, innesco formale della procedura d'addio a Bruxelles, viene avallata dai deputati entro i tempi fissati dalla premier. Vale a dire, fine marzo.

La prima sfida sul campo di battaglia di Westminster in materia di Brexit prende insomma le forme di una schermaglia. Un test, si direbbe, in attesa di assumere ben altra consistenza giuridica e di colorarsi di ben altre incognite politiche laddove gli 11 giudici supremi del Regno, concluse domani le loro udienze, confermeranno a gennaio il verdetto dell'Alta Corte di Londra stando al quale l'attivazione dell'articolo 50 dovrà essere approvata obbligatoriamente da deputati e Lord.

Il clima continua a essere tossico, segnato anche da episodi d'intolleranza come le minacce a sfondo razzista scagliate sul web da un esagitato (poi arrestato) nei confronti di Gina Miller, businesswoman e promotrice del ricorso legale per imporre al governo un autentico voto parlamentare. Ma ai Comuni per ora si va di fioretto. A provare a dar fuoco alle polveri - bagnate o meno che siano - è una mozione del Labour di Jeremy Corbyn: che vuole uscire dall'angolo in cui lo hanno confinato nei mesi scorsi le divisioni interne e in parte ci riesce. La richiesta, avanzata dal ministro ombra Keir Starmer, un ex procuratore dalla reputazione di mastino, di fronte al suo omologo di governo, il titolare della dicastero per la Brexit, David Davis, è presto detta: la compagine di lady Theresa (che intanto è in missione nel Bahrein, a rinsaldare l'alleanza di Londra con le monarchie del Golfo) deve impegnarsi a uscire allo scoperto prima di scoccare la freccia senza ritorno dell'articolo 50.

«I deputati sono titolati a sapere», incalza Starmer, e a valutare almeno sulla base di «un piano (negoziale) sufficientemente dettagliato». L'istanza, nei giorni scorsi, aveva raccolto anche il consenso di 40 deputati conservatori dissidenti. Abbastanza per mettere in imbarazzo la maggioranza.

E così, per disinnescare la 'ribellione', ecco arrivare l'ordine a sorpresa dal Bahrein della May in persona: la mozione siamo pronti a sostenerla pure noi. Una ritirata tattica, annunciata ieri sera e confermata oggi in aula da Davis, ma affiancando un emendamento governativo che contiene sia il riferimento al rispetto del risultato referendario, sia il 'no' a forme di ostruzionismo tali da mettere in dubbio la data limite del 31 marzo. Alla fine conservatori e laburisti s'allineano a valanga (448 a 75) al doppio testo, con singole defezioni di protesta e rinviando un'eventuale resa dei conti.

Mentre Libdem e indipendentisti scozzesi dell'Snp, ultrà della trincea europeista, restano isolati sul 'no'. Una mezza vittoria per Corbyn, un pareggio per il governo May. Tanto più che Davis, 'brexiter' tutto d'un pezzo, non rinuncia a ribadire in aula che «un negoziato è un negoziato» e non vi saranno indicazioni preliminari specifiche sul «punto d'arrivo». La certezza, avverte, resta una sola: «il mandato degli elettori è quello di lasciare l'Unione Europea. Punto e basta».

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