Cerca e trova immobili

REGNO UNITOCameron: «La bozza è tappa fondamentale»

03.02.16 - 14:24
La proposta d'intesa presentata da Donald Tusk è un importante passo per la riforma
Cameron: «La bozza è tappa fondamentale»
La proposta d'intesa presentata da Donald Tusk è un importante passo per la riforma

LONDRA - L

Non è perfetto, ma è il miglior accordo possibile che la Gran Bretagna possa ottenere in Europa. Così David Cameron ha affrontato oggi la "prova" della Camera dei Comuni e cercato di convincere i deputati che la bozza d'intesa presentata dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk è "una tappa importante" nel processo di riforma dei rapporti tra Londra e Bruxelles e che introduce cambiamenti "sostanziali": "legalmente vincolanti" e "irreversibili".

Ma contro il primo ministro si scatena soprattutto il fuoco "amico" dai banchi del Parlamento, con i tory euroscettici che lo accusano d'aver raccolto poco rispetto alle promesse fatte.

Cameron parte dal presupposto che più di così è difficile ottenere da Bruxelles, dove del resto già riecheggiano critiche alle concessioni fatte al Regno Unito.

La bozza "è cucita su misura per la Gran Bretagna", taglia corto il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas, rispondendo a chi chiede se anche altri paesi potranno applicare il "freno d'emergenza" promesso a Londra in materia di benefici sociali agli immigrati intra-europei. Un modo per dire che più di così non si può pretendere, tanto più che ai mal di pancia dei Paesi dell'est si aggiungono i moniti di Parigi contro ogni ipotetico "favoritismo" a vantaggio dei partner "non euro". E quelli del gruppo socialista francese (ma non solo) contro il rischio d'intaccare alcuni principi fondamentali dell'Europa.

Paletti che ai Comuni il capo del governo di Sua Maestà ammette in qualche modo di non poter valicare. "Non sto dicendo che l'Unione Europea sarà perfetta dopo questo accordo - argomenta - Non lo sarà di certo. Ma la posizione della Gran Bretagna sarà migliore e più forte? La risposta è sì".

Parole che lasciano fredde l'opposizione laburista e quella dei nazionalisti scozzesi (entrambe filo-europee, pur con diverse gradazioni), ma soprattutto non convincono i conservatori anti-Ue. Le proposte della bozza Tusk sono bollate da questi ultimi come il frutto acerbo d'"un approccio inappropriato": "non fondamentali" e nemmeno davvero "vincolanti".

A guidare la "carica" sono due veterani del partito di Cameron, Sir Bill Cash e Sir Gerald Howarth, che con altri 21 loro colleghi ribelli annunciano apertamente il loro "no". Cash ricorda, tra le tante "promesse mancate" del premier, quella di non essere riuscito a strappare una misura efficace per controllare i flussi di immigrati e boccia come un contentino la proposta del "freno di emergenza" sulle limitazioni dei benefit del welfare britannico a chi entra nel mercato del lavoro. Anche nel caso in cui Londra riuscisse a ottenere - come sta cercando di fare - di poter azionare tale freno per un periodo di 7 anni e non di 4.

Ma la vera minaccia per il primo ministro arriva dal botta e risposta con l'amico-rivale Boris Johnson: il popolare sindaco di Londra chiede maliziosamente se le trattative restituiranno al Parlamento britannico "sovranità" rispetto alla legislazione europea.

E Cameron - a cui la bozza Tusk concede il diritto al 'cartellino rosso' solo se a opporsi a Bruxelles fossero il 55% delle assemblee elettive dell'intero club dei 28 - replica stizzito che la sovranità di Westminster non è in discussione. Senza tuttavia rispondere nel merito a una domanda che conferma l'atteggiamento ambiguo del rampante Johnson, ancora indeciso se schierarsi pro o contro la Brexit.

Se diversi potenziali avversari di Cameron si annidano dentro il suo partito e persino nella sua squadra di governo - l'ex titolare della difesa Liam Fox conta cinque ministri già pronti a sostenere la Brexit - un grande alleato potrebbe essere del resto il fattore tempo.

Nel dibattito il premier ha indicato per la prima volta il 23 giugno come data possibile del referendum se l'accordo con l'Ue sarà finalizzato entro il vertice del 18-19 febbraio. Scadenza utile a evitare le incognite di una campagna prolungata, nella quale il premier teme di essere rosolato a fuoco lento anche da buona parte della stampa di casa sua.

I segnali in proposito non sono positivi. A menare fin d'ora la danza delle recriminazioni contro la prospettiva di un compromesso con Bruxelles sono oggi proprio i giornali di solito più filo-Tory, dal Daily Telegraph al Times, mentre quasi tutti i tabloid sparano a zero.

Con Cameron si schiera invece, di là dall'Oceano, il presidente americano Barack Obama: che benedice i negoziati condotti dal premier conservatore e ribadisce l'auspicio che la Gran Bretagna resti in Europa. Ma al referendum Obama non voterà.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE