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ITALIAMorto Enzo Bettiza, raccontò la fine del comunismo

28.07.17 - 20:19
Morto Enzo Bettiza, raccontò la fine del comunismo

ROMA - Il giornalista e scrittore Enzo Bettiza è morto oggi a novant'anni compiuti. Tra l'altro, ha fondato con il Giornale con Indro Montanelli. È stato anche direttore del Resto del Carlino e della Nazione e vincitore del Premio Campiello nel 1996.

Per lui che era esule la parola "era il solo modo - diceva - per difendere la propria identità". E di parole Enzo Bettiza, "protagonista del giornalismo italiano e scrittore finissimo" come lo definisce il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ne ha fatte scorrere a fiumi per "raccontare con intelligenza, personalità e stile impeccabile - sottolinea ancora il Capo dello Stato - i profondi mutamenti dell'Europa contemporanea".

Uomo di cultura a tutto tondo il cui decesso lascia "un grande vuoto - sottolinea il presidente della commissione Cultura a Palazzo Madama, senatore Pd Andrea Marcucci - per generazioni di lettori".

Originario di Spalato, dove era nato nel 1927 da una famiglia ricca, un nonno industriale del cemento, Bettiza conobbe anche la fame. "Sono stato contrabbandiere e venditori di libri a rate - racconta in una delle sue ultime interviste al quotidiano La Repubblica -. Divenni perfino comunista". Quel comunismo poi ripudiato che per lui - l'esordio nel giornalismo al settimanale Epoca prima di diventare corrispondente del quotidiano La Stampa da Vienna e da Mosca - divenne quasi una ossessione. "Bisognava combatterlo come il peggiore dei mali - sosteneva -. Ne conoscevo i meccanismi, vi aderii e me ne distaccai prevedendone gli effetti".

"Intellettuale e scrittore di grande finezza, civile interlocutore di dibattiti storico-politici", come lo ricorda il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, Bettiza passò poi al Corriere della Sera, per il quale lavorò per dieci anni sempre come corrispondente dall'estero.

Dal 1974 al 1983 l'avventura al Giornale, che fondò con Indro Montanelli, "una parte della mia vita", sosteneva. E, in mezzo, l'impegno politico: senatore dal 1976 al 1979 per il Partito Liberale, rappresentato anche al Parlamento europeo fino all'adesione al Partito Socialista Italiano, non ha mai rinunciato all'indipendenza e alla libertà nella professione. "Non volendo nulla dal potere e non potendo cedere nulla al potere - la sua posizione al riguardo - posso dire di essere stato libero".

A metà degli anni Novanta il ritorno alla Stampa, di cui era tuttora editorialista e commentatore politico.

Autore di numerosi libri, ha vinto nel 1996 il Premio Campiello con Esilio, memoria della sua gioventù in Dalmazia. Nella sua narrativa, ricorda oggi il Campiello rendendogli omaggio, "la dimensione memoriale (egemone in Esilio) si coniuga con la conoscenza a volte interstiziale dei meccanismi segreti dell'esercizio del potere (esemplari in questo senso i romanzi 'politici' Il mistero di Lenin, 1982, La cavalcata del secolo, 2000, e il recente La distrazione, 2013, venato di palinodia autobiografica).

"Molti pensano che la vecchiaia sia una specie di salvadanaio da cui prendere le ultime monete di scambio con la vita. Per come la vedo io - sosteneva Bettiza - è la stagione che ci prepara all'incontro con il nulla. I mille perché della vita finiscono lì. In quell'appuntamento. Non sai cosa c'è. Non sai chi arriva. Ecco, se penso alla mia scrittura, ai miei romanzi, alle mie storie, so che tutto è nato da questo enigma".

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