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ITALIA'Ndrangheta in Lombardia, patto di scambio tra boss e assessore

24.07.17 - 19:57
'Ndrangheta in Lombardia, patto di scambio tra boss e assessore

MILANO - Un "patto" tra l'ex assessore al Pirellone Domenico Zambetti e «referenti e portavoce di alcune importanti famiglie mafiose della 'ndrangheta lombarda»: denaro, appalti e altre utilità per ottenere voti alle elezioni regionali del 2010. È la convinzione messa nero su bianco nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso febbraio l'ottava sezione del Tribunale di Milano, presieduta da Maria Luisa Balzarotti, ha inflitto pene dai 16 anni e mezzo in giù nell'ambito del processo su presunte infiltrazioni delle cosche in Lombardia e il voto di scambio.

Nelle quasi 500 pagine depositate sabato scorso si legge che il «contraente» di Zambetti, condannato a 13 anni e mezzo di reclusione, sarebbe stata una «organizzazione criminale unitaria, in cui sono federate le famiglie di 'ndrangheta operanti in Lombardia», ovvero le cosche Di Grillo-Mancuso (con sede a Cuggiono, nel milanese), Morabito-Bruzzaniti-Palamara (attiva a Milano) e Barbaro-Papalia, della zone di Corsico e Buccinasco e rappresentate da Eugenio Costantino (16 anni e mezzo) e Giuseppe D'Agostino (già condannato in abbreviato). Tale organizzazione, di cui era «notorio il potere criminale», della quale l'ex assessore «ha dato dimostrazione di essere pienamente consapevole delle capacità di intimidazione» e alla quale si sarebbe «volontariamente rivolto per reclutare suffragi», riporta il provvedimento, gli avrebbe «garantito» «un numero di voti, di tale entità da assicurare la sua elezione nella competizione per il rinnovo del consiglio regionale del 28-29 marzo 2010».

In cambio di quelle quattromila preferenze, costate, secondo l'accusa, circa 200 mila euro, Zambetti avrebbe «agevolato» le cosche «nell'assegnazione preferenziale di appalti della Regione Lombardia» e avrebbe «prestato la propria completa disponibilità ad accogliere tutte le richieste avanzate, in momenti diversi e a più riprese, da Costantino: quella di intervenire presso il direttore dell'ospedale San Carlo Borromeo per evitare la risoluzione del contratto di locazione del negozio di parrucchiera della sorella di costui (...) e di trovare un posto di lavoro per la figlia». In virtù del patto con i clan, Zambetti avrebbe quindi «sistematicamente, asservito la sua pubblica funzione agli interessi privati» della 'ndrangheta «che lo aveva 'in pugno'».

«Sono stato ricattato - ha detto Zambetti tramite uno dei suoi difensori, l'avvocato Corrado Limenatani. «È vero che ho pagato, ma sono stato vittima di minacce ed estorsioni da parte di persone che non sapevo essere criminali. E poi - ha aggiunto - nessun voto comprato ma le preferenze che ho ottenuto me le sono guadagnate con una campagna elettorale capillare».

Secondo il Tribunale, che ha respinto la richiesta del pm di riqualificare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, l'ex membro della giunta, ai tempi guidata da Roberto Formigoni ,e Ambrogio Crespi (fratello dell'ex sondaggista di Berlusconi e condannato a 12 anni) hanno fornito un «concreto, specifico e volontario contributo essenziale alla realizzazione del programma associativo» e il secondo dando il suo aiuto a «pescare» voti per il primo «grazie alle proprie entrature in ambienti di criminalità organizzata, ha consapevolmente consentito" le infiltrazioni dei clan "in uno dei gangli decisivi dell'istituzione regionale».

Quanto all'assoluzione di Alfredo Celeste, l'ex sindaco di Sedriano, il primo comune lombardo sciolto per mafia, per il Tribunale nessuna agevolazione da parte delle 'ndrine.

L'avvocato Giusepppe Rossodivita, difensore con i colleghi Marcello Elia e Barbara Belloni di Ambrogio Crespi, ha dichiarato: «ll mio assistito dovrà essere assolto in appello. Dispiace sempre leggere sentenze che motivano condanne, per lo più a pene assai pesanti, senza tener in alcun conto gli apporti probatori, oggettivi ed incontestabili, forniti dall'imputato nel corso del processo».
 
 

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