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ITALIAMorte assistita in Svizzera, Cappato: «Ne stiamo aiutando altri. Due hanno già appuntamento»

28.02.17 - 20:20
Il tesoriere dell'associazione, che ha accompagnato nel suo viaggio a Zurigo Dj Fabo e per questo rischia 12 anni di carcere, continuerà a lottare. «Lo Stato deve assumersi le proprie responsabilità»
Morte assistita in Svizzera, Cappato: «Ne stiamo aiutando altri. Due hanno già appuntamento»
Il tesoriere dell'associazione, che ha accompagnato nel suo viaggio a Zurigo Dj Fabo e per questo rischia 12 anni di carcere, continuerà a lottare. «Lo Stato deve assumersi le proprie responsabilità»

MILANO - Non solo ha voluto autodenunciarsi per aver accompagnato fino alla morte per suicidio assistito dj Fabo e per portare così «lo Stato ad assumersi le proprie responsabilità», ma davanti ai carabinieri della Compagnia Duomo, a Milano, Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, ha messo a verbale che sta «aiutando anche altri, due persone in particolare hanno già un appuntamento in Svizzera e noi le aiuteremo, una materialmente, l'altra economicamente». Prima di aggiungere: «Continueremo a farlo in maniera organizzata e reiterata fino a che non saremo fermati».

La battaglia di Cappato, «e con me di Mina Welby e Gustavo Fraticelli", per l'eutanasia legale, dunque, va avanti, mentre il pm di Milano Tiziana Siciliano (coordinatore del pool 'ambiente, salute e lavoro'), a cui è stato trasmesso subito nel pomeriggio il verbale redatto dai militari che hanno sentito l'esponente dei Radicali per oltre un'ora, è pronta ad aprire un fascicolo. In caso di iscrizione nel registro degli indagati, anche come 'atto dovuto', a Cappato verrà contestato il reato di «aiuto al suicidio" che punisce, in particolare, chi ne "agevola in qualsiasi modo l'esecuzione».

E mentre sul fronte politico il premier Paolo Gentiloni ha detto di guardare «con rispetto al confronto parlamentare che c'è e credo sia doveroso e interpella le coscienze dei singoli parlamentari», su quello strettamente giudiziario il procuratore Francesco Greco ha sottolineato la «complessità» del caso. «Ciò che ha verbalizzato Cappato - ha spiegato il capo della Procura - sarà valutato sotto tutti i profili giuridici, compresa la giurisprudenza della Cedu, in materia di diritti". Si tratterà "di ricostruire i fatti, è una storia che presenta profili di rilievo sia in termini di principi generali che giuridici, dato che qui c'è una questione di diritto alla vita e alla morte».

Intanto, Cappato spera «di essere incriminato e di potersi difendere, perché se il processo potesse servire come precedente per superare la situazione di clandestinità di tante persone, allora sarebbe utile». E «se ci sarà l'occasione di difendere davanti a un giudice quello che ho fatto - ha proseguito - lo potrò fare in nome di principi costituzionali che sono più forti di un codice penale scritto in epoca fascista». L'esponente dei Radicali già davanti ai carabinieri, comunque, non si è tirato indietro di fronte alle sue responsabilità: «Una buona parte dei fatti è avvenuta in Italia e senza ciò che è avvenuto qua e l'aiuto che io ho dato, oggi Fabiano Antoniani sarebbe ancora in quella condizione in cui non voleva più essere». E ancora: «Io l'ho caricato sulla sua macchina sabato mattina verso le 12 su sua richiesta, aiutandolo a salire e l'ho portato da casa sua, guidando, fino alla clinica Dignitas, dove è stato messo in un letto e là ha ottenuto l'assistenza medica per la morte volontaria».

L'ex parlamentare europeo, però, è andato anche oltre perché ha dichiarato ai carabinieri che «noi con il sito internet 'Sos eutanasia' e l'associazione appositamente predisposta 'Soccorso civile' abbiamo seguito in questi anni un centinaio di persone, fornendo informazioni e aiuto e ora due persone, in particolare, sono in attesa, hanno già un appuntamento in Svizzera e hanno già avuto il 'semaforo verde'». Parlando, infine, con la voce commossa ai cronisti, ha raccontato che Fabo prima di andarsene «mi ha detto 'grazie', e io l'ho detto a lui».

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