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ITALIAFarindola, parlano i superstiti: «È stato come una bomba, mi sono ritrovato i pilastri addosso»

22.01.17 - 20:56
«Eravamo stretti come in una scatola. Tutto attorno c'erano muri di neve»
Farindola, parlano i superstiti: «È stato come una bomba, mi sono ritrovato i pilastri addosso»
«Eravamo stretti come in una scatola. Tutto attorno c'erano muri di neve»

FARINDOLA - «È stata una bomba, mi sono ritrovato i pilastri addosso. In un attimo eravamo in un metro quadrato. Ci siamo abbracciati, nutrendoci di neve». La testimonianza affidata a un amico da Vincenzo Forti, 25enne di Giulianova (Teramo), uno dei superstiti dell'hotel Rigopiano, fa capire chiaramente le condizioni estreme in cui alcuni dei sopravvissuti hanno atteso l'arrivo dei soccorsi. Tra muri di neve, immobili, al buio, senza poter comunicare con gli altri e senza udire alcun suono o rumore, neanche quelli dei soccorritori.

Vincenzo era insieme alla fidanzata, Giorgia Galassi, 22 anni, cresciuta in Svizzera a Rapperswil (SG), per passare qualche giorno all'insegna del relax. Entrambi sono stati recuperati e ora sono in buone condizioni all'ospedale di Pescara.

Con loro, che sono arrivati con i soccorsi nel capoluogo adriatico nella notte tra venerdì e sabato, c'erano anche Francesca Bronzi, 25enne di Pescara, e Gianpaolo Matrone, 33enne di Roma. La moglie di Matrone, Valentina Cicioni, 32 anni, e il fidanzato di Francesca, Stefano Feniello, 28 anni sono ancora tra i dispersi.

Con il passare delle ore, parlando con amici e parenti, per i superstiti si fanno più chiari i ricordi di quei drammatici momenti dopo la valanga che ha travolto la struttura. «Ero seduto sul divano e i pilastri sono scivolati in avanti tagliandolo in due. Ci siamo salvati per questo - racconta Vincenzo all'amico Luigi Valiante - io sono rimasto senza scarpe. Indossavo i leggings che mi aveva prestato la mia fidanzata. Poco distante si sentivano anche le voci di un altro ragazzo e dei bambini, con cui non è stato possibile comunicare. La paura è stata tanta e abbiamo pregato».

Conferma quei terribili istanti anche la fidanzata di Vincenzo, Giorgia, che racconta la sua esperienza drammatica ai familiari. «Eravamo nella sala camino a prendere il tè con altre persone, tra cui il mio fidanzato - dice la giovane - improvvisamente siamo stati sbalzati dall'altra parte della stanza. Ci siamo ritrovati stretti come in una scatola. Tutto attorno c'erano muri di neve. Riuscivamo a muovere braccia e gambe, ma non a spostarci dal punto in cui ci trovavamo. Il silenzio era totale, non abbiamo sentito l'arrivo dei soccorritori, ma solo il rumore degli elicotteri, in un secondo momento». «Eravamo convinti che qualcuno sarebbe venuto a liberarci».

Fisicamente stanno bene i superstiti di Rigopiano, ma la mente torna continuamente lì. «Francesca chiede sempre di Stefano, perché avevano progetti belli tra loro», dicono Vanessa e Gaetano Bronzi, genitori della 25enne. «Per noi - aggiunge il papà - saperla viva non è una 'gioia': offenderemmo tutti gli gli altri genitori che stanno qui, perché io mi sento un graziato. Erano a 1.200 metri e sono stati ricoperti da una montagna di neve e detriti. Non è solo un miracolo, è più di un miracolo. Appena l'ho rivista l'ho abbracciata e ho pianto».

Nei corridoi dell'ospedale di Pescara è continuo il viavai dei parenti dei dispersi, che spesso lasciano il punto di raccolta loro dedicato cercando informazioni. Con il passare delle ore l'attesa e l'assenza di comunicazioni diventano sempre più insostenibili. Poi nel pomeriggio la notizia di una sesta vittima recuperata e la disperazione prende il sopravvento, mentre si attende che a quel corpo venga dato un nome. Resta, però, la speranza. Venerdì mattina, quando nessuno se lo aspettava più, è giunta la notizia dei sei superstiti. L'augurio dei familiari è che quel 'miracolo' possa ripetersi.

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