Simona Sangion avrebbe taciuto ricattando l'ospedale di Saronno: in cambio di un contratto di lavoro
SARONNO - C'era anche chi sapeva tutto: e non ha detto niente. Sacrificando la vita degli altri, pur di trarre vantaggi personali dall'orribile segreto: che all'ospedale di Saronno qualcuno uccideva i pazienti. «O mi assumete o spiffero tutto», avrebbe detto la dottoressa Simona Sangion, intercettata lo scorso anno al telefono: e oggi indagata nell'inchiesta che l'altro giorno ha portato in carcere l'infermiera Laura Taroni e l'anestesista Leonardo Cazzaniga, già ribattezzati "la coppia di amanti diabolici".
Perché non si facevano scrupolo a imbottire di farmaci la gente per condurla alla morte; a versare liquido sgorgatubi sui pomodori degli anziani per avvelenarli. «Se io il 24 settembre però non ho un lavoro, io faccio scoppiare un casino! E ho le carte in mano per farlo scoppiare davvero perché adesso sono veramente stanca di essere presa per il c...», diceva però alla fine di agosto del 2015 la Sangion: che invece di denunciare quello di cui era a conoscenza, decise di utilizzarlo per ottenere il rinnovo del contratto.
Guadagnandosi, oggi, le prime pagine dei giornali e un'accusa infamante. Tecnicamente, si tratta di "falso ideologico in atto pubblico": per raggiungere il suo scopo egoistico, avrebbe infatti anche contribuito a falsificare le analisi del sangue del marito della Taroni, fra i trentacinque individui che sarebbero stati ammazzati da chi, per professione e per scelta, aveva il compito di salvare vite. Fino a ottenere ciò che pretendeva: l'indizione di un concorso pubblico ad hoc, il 21 ottobre, e l'assunzione. Ma questo, per la magistratura, non è un reato: solo un malcostume.