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CORRISPONDENZE ESTEROCalpestata dai poliziotti fino alla morte, scatta la rivolta, che dura un giorno

05.09.15 - 08:12
Maria Martignoni, ieri in Ticino oggi in Tanzania
Calpestata dai poliziotti fino alla morte, scatta la rivolta, che dura un giorno
Maria Martignoni, ieri in Ticino oggi in Tanzania

IRINGA – Il compito della polizia è di proteggere il suo popolo e le sue proprietà, garantendo il rispetto di leggi che vengono introdotte proprio a questo scopo. Come per esempio la regola che proibisce ai pub locali della Tanzania di aprire prima delle quattro di pomeriggio, alla fine degli orari di lavoro.

Quest'ultima legge in particolare non viene prettamente rispettata, e la polizia spesso e volentieri fa incursione nei pub per arrestare a forza chi viene sorpreso a vendere o bere alcol locale al mattino o nelle prime ore del pomeriggio. Liberarsi dal pasticcio non è particolarmente complicato: basta far cadere qualche dollaro nelle tasche dei poliziotti e le manette sono presto tolte, e si può fare ritorno a sedere al proprio bar.

Il sistema sembrerebbe funzionare piuttosto bene, se non fosse che in un sistema corrotto e violento basta talvolta solo una piccola goccia per fare traboccare il vaso. E nel caso di qualche mese fa, in una cittadina di campagna nella regione di Iringa, nella Tanzania sud­orientale, la goccia di troppo ha avuto conseguenze nefaste.

Una signora, si dice pure fosse incinta, proprietaria di uno dei pub locali e al lavoro nelle prime ore del mattino, intravvedendo la polizia arrivare e trovandosi senza spiccioli si dà alla fuga. La polizia la rincorre, e quando lei sfortunatamente inciampa nella corsa si ritrova calpestata dai poliziotti fino alla morte.

I cittadini, interdetti, si infiammano. Afferrano mazze e picconi e si scagliano contro i poliziotti, ancora scossi dalla velocità dell'accaduto. La folla è impazzita. Fermano il traffico per non lasciarsi sfuggire nessuno, e distruggono a colpi di mazza ogni macchina o bus nel quale trova rifugio un poliziotto terrorizzato. Danno fuoco alla stazione di polizia, e bruciano completamente l'automobile di un ufficiale. Vengono chiamati i rinforzi, si sparano lacrimogeni, ma la folla è inferocita, e continua a stanare poliziotti e riempiendoli di botte, e a distruggere i loro averi.

Al giungere della notte, felici della piccola vendetta ottenuta, i cittadini si addormentano beati. All'alba la situazione però si è già rovesciata. I poliziotti piombano nelle case, arrestando tutti coloro il cui volto ha anche solo fatto comparsa nel trambusto del giorno precedente. Le scelte sono due: la cella, oppure un risarcimento di 10 millioni di scellini (qualcosa tipo 5000$), una cifra che la maggior parte dei tanzaniani ha a malapena avuto occasione di toccare con 2 o 3 zeri di meno.

Gli arresti continuano per mesi e mesi, fino ad oggi. Qualcuno riesce a pagare, chissà, trattando un po' sul prezzo, oppure vendendo qualche mucca o qualche terra di famiglia. Qualcun altro è ancora lì, e forse i parenti se ne sono già dimenticati. O forse non avevano altra scelta che dimenticare.

È finita così, e così viene ricordata. Una sola giornata di ribellione alle forze armate, ora sparita nel nulla, come la bara dopo il funerale. I proprietari dei pub continuano a fare il loro lavoro, e così i poliziotti. Intendendosi e disturbandosi a vicenda quel minimo necessario, muovendosi in equilibrio sul confine.

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