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ITALIAProcesso Eternit, si rischia la prescrizione

19.11.14 - 17:59
La richiesta suscita vibrate proteste da parte sia dei famigliari delle vittime che delle organizzazioni sindacali
Processo Eternit, si rischia la prescrizione
La richiesta suscita vibrate proteste da parte sia dei famigliari delle vittime che delle organizzazioni sindacali

ROMA - Il maxi processo Eternit Italia è arrivato all'ultimo atto. La prossima settimana la Cassazione (Prima sezione penale), salvo rinvii, dovrebbe mettere la parola fine sui fatti avvenuti nel 1966. Un tempo lunghissimo che potrebbe portare ad una dichiarazione di prescrizione.

Almeno così la pensa la pubblica accusa, rappresentata da Francesco Mauro Iacoviello che, pure nella consapevolezza che la prescrizione non può essere una "risposta di giustizia", ha chiesto di annullare la condanna inflitta in appello per intervenuta prescrizione del reato.

Ma la richiesta di prescrizione suscita vibrate proteste da parte sia dei famigliari delle vittime che delle organizzazioni sindacali. Tale richiesta, afferma ad esempio la CISL, "rappresenta un'analisi surreale in quanto gli effetti nocivi dovuti all'esposizione all'amianto in molti casi superano i 40 anni e quindi non hanno niente a che vedere con i tempi delle procedure giudiziarie".

Per il Wwf, presente in aula come parte civile fin dal dicembre 2009, la prescrizione rappresenta un "pericolosissimo 'Cavallo di Troia' che rischia di inficiare tutti i prossimi processi che si faranno in Italia per disastro ambientale e di vanificare decenni di sforzi compiuti nella legislazione ambientale per garantire la sicurezza e la salute dei cittadini".

Migliaia i morti - oltre duemila - per mesotelioma pleurico, il tumore provocato dell'inalazione di polveri d'amianto nei quattro stabilimenti italiani della multinazionale elvetico-belga e tra i cittadini di Casale Monferrato, Cavagnolo, nel torinese, Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Settecento i malati.

Alla vicenda sono stati dedicati oltre quarant'anni di ricostruzioni. Su tutto, si ricorda l'enorme lavoro svolto dal procuratore aggiunto di Torino, Raffaele Guariniello. Il suo impianto accusatorio è stato convalidato sia dal Tribunale di Torino (febbraio 2012) che dalla Corte d'appello (3 giugno 2013). I giudici della Prima sezione penale dovranno decidere se confermare o meno la condanna a 18 anni di reclusione per disastro ambientale doloso all'unico imputato rimasto nel processo: il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny.

Nei due precedenti gradi di giudizio, venne giudicato con il barone belga Louis de Cartier de Marchienne, morto prima della conclusione del processo d'appello. In primo grado tutti e due erano stati condannati a 16 anni di reclusione.

Secondo le ricostruzioni di Guariniello, i vertici di Eternit sapevano dagli anni Settanta che l'amianto provocava malattie letali, che le lavorazioni avvelenavano gli ambienti, ma hanno scelto in consapevolezza di proseguire nelll'attività. Addirittura, a quanto scrive la sentenza d'appello, era emerso che in un seminario del 1976 in Svizzera si discusse delle strategia per difendere l'industria dell'amianto dalle contestazioni che arrivavano da tutta Europa.

"Stephan Schmidheiny - hanno scritto i giudici d'appello - utilizzò il seminario di Neuss per impedire che i numerosi settori delle collettività ancora interessati a utilizzare i manufatti di cemento-amianto divenissero pienamente consapevoli dell'elevata nocività delle fibre sprigionate da quel materiale e pretendessero degli interventi che, se eseguiti, avrebbero reso di fatto impossibile e comunque troppo oneroso l'esercizio delle attività produttive".

Ats Ans

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