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GERMANIABerlino chiude la moschea dell'Isis

28.02.17 - 14:01
"Fussilet 33" era frequentata anche da Anis Amri, l'attentatore tunisino del mercatino di Natale
Berlino chiude la moschea dell'Isis
"Fussilet 33" era frequentata anche da Anis Amri, l'attentatore tunisino del mercatino di Natale

BERLINO - Poco prima di colpire il mercatino di Natale di Berlino, accelerando col camion rubato contro la folla, il 19 dicembre Anis Amri era stato proprio in quella moschea. Come molte altre volte. È la moschea di Moabit, che porta il nome di un'associazione islamica, "Fussilet 33", e che oggi è stata colpita da un veto: chiusa, proibita.

«Era nota come la moschea della gente dell'Isis», ha spiegato un amministratore locale della capitale tedesca, in conferenza stampa. E benché si parlasse dell'ipotesi di sgomberarla da un paio d'anni, solo oggi è arrivata la parola fine. Con un'operazione di polizia iniziata all'alba, che ha portato 450 agenti in tre Länder (Berlino, Brandeburgo e Amburgo) a perquisire 24 obiettivi, fra cui appartamenti, due piccole imprese e sei celle.

Sono stati sequestrati computer, documenti, e sono stati ispezionati dei conti bancari nel capoluogo anseatico, dove si sono potuti intercettare interessanti movimenti di soldi.

Cosa accadeva nel tempio di Moabit? E perché non è stato chiuso prima? Stando alle ricostruzioni degli inquirenti, era un luogo in cui «si raccoglievano soldi per appoggiare la jihad e si reclutavano combattenti disposti ad andare in Siria e in Iraq». Le lezioni di dottrina islamica, che si tenevano fra queste mura, erano spesso fonte d'ispirazione per la «radicalizzazione dei fedeli». Un ex imam di questa moschea era già stato arrestato nel 2015, quando ci fu un primo sgombero dei locali.

La decisione finale dell'amministrazione è arrivata soltanto adesso, però, e decisivo è stato il caso del tunisino 24enne che ha commesso l'attentato del 19 dicembre – 12 morti e 50 feriti - nei pressi della chiesa della Memoria. È da allora, due mesi fa, che l'opzione di proibire il luogo di culto e la relativa associazione è devenuta concreta.

«Non si voleva punire l'intero gruppo per gli eccessi di singoli», ha spiegato oggi il senatore (membro dell'esecutivo) dell'Interno di Berlino Andreas Geisel, rispondendo a una domanda sui tempi di una decisione che, con le informazioni di oggi, sembrano lunghissimi. Inoltre il giurista cui era affidato il caso è stato a lungo malato nel 2015, e la pratica della moschea di Moabit fu trascurata anche per questo.

Del resto la stessa pericolosità di Amri era stata sottovalutata: «La valutazione fu sbagliata», ha ammesso Geisel, «e in futuro i criteri andranno rivisti». «Con il veto a Fussilet 33, abbiamo dato un segnale chiaro: non c'è posto a Berlino per chi predica l'odio, per chi recluta combattenti e raccoglie fondi per Isis». «Anche se questa città è colorata, aperta, pronta ad accogliere chi viene perseguitato e chi scappa dalla guerra, e così deve restare», ha aggiunto.

Il messaggio è rivolto al resto della scena salafita: altri estremisti sono sotto controllo, e ad altre associazioni religiose potrebbe accadere quello che è accaduto a Fussilet. Certo nulla fa pensare che la rete della moschea proibita non si raccoglierà in privato. Forse, contesta qualcuno, sarà anche più difficile controllarla.
 
 

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