Parlano per la prima volta i familiari dell'unica vittima italiana dell'attentato di Natale a Berlino. Per loro niente risarcimento
SULMONA - È una famiglia che, oltre al dolore per la perdita di una figlia, ha dovuto subire anche il trattamento freddo e ruvido di uno Stato apparentemente indifferente quella di Fabrizia Di Lorenzo, l’unica vittima italiana dell’attentato al mercatino di Natale di Berlino. Nella prima intervista rilasciata al Corriere della Sera da quel tragico 19 dicembre, la madre Giovanna, il padre Gaetano e il fratello Gerardo parlano infatti di una Germania «incapace e inefficiente» e della «mancanza di umanità» dimostrata dai suoi funzionari.
Tre giorni «interminabili»
Arrivati a Berlino nella notte dopo l’attentato con il fondato sospetto che Fabrizia fosse fra le vittime, sua madre e il fratello hanno dovuto attendere per tre giorni «interminabili, senza un aiuto psicologico, soffrendo da matti, senza che nessuna autorità tedesca si presentasse a dirci qualcosa», spiega Giovanna al quotidiano italiano. La donna, del resto, è convinta che le autorità avessero identificato il corpo della figlia già il 20 dicembre: «Ci hanno lasciato con le altre famiglie nell’angoscia, nella vana speranza di poterla ritrovare ferita, ma almeno viva», denuncia.
«La poliziotta mi ha prelevato il dna senza dire una parola»
I familiari della 31enne di Sulmona (Abruzzo) raccontano di avere avuto il solo supporto degli amici di Fabrizia e dell’ambasciata italiana fino al riconoscimento ufficiale, il 22 dicembre. Il governo tedesco, continua la madre della vittima, è stato sempre «assente, se si esclude la poliziotta che mi ha prelevato il dna senza dire una parola». E continua: «Non ci hanno mai contattati, non ci hanno dato un interprete, ci hanno lasciati soli. Abbiamo dovuto chiedere sempre, insistere. Hanno fatto lo stesso con le altre famiglie, anche tedesche». Nell’attentato morirono altre 11 persone, fra le quali sette tedeschi.
Il presidente ha chiesto scusa
I Di Lorenzo raccontano poi come il primo contatto cercato dalle autorità tedesche sia arrivato solo il 17 febbraio scorso, quando il presidente Joachim Gauck ha ricevuto a Berlino loro e le altre famiglie colpite. «Al presidente è stato detto che ciò che aveva amareggiato era stata la mancanza di sensibilità e umanità, ma anche che la Germania si era dimostrata inefficiente e incapace a dispetto della sua immagine internazionale», riporta il padre di Fabrizia. Gauck si sarebbe quindi detto «sbalordito»: «Ha risposto che sapeva che le cose non avevano funzionato perfettamente, ma non immaginava fino a quel punto. Ha chiesto scusa».
Risarcita come una “vittima della strada”
Ad aggiungersi al trattamento poco attento c’è anche un grosso limite del sistema giuridico tedesco. Come denunciato dai legali dei Di Lorenzo, infatti, i familiari di Fabrizia così come quelli delle altre vittime saranno risarciti attingendo al fondo per le vittime della strada. Una legge del 1985 esclude infatti che le persone ferite o uccise da veicoli a motore o rimorchi rientrino fra le vittime di crimini violenti. Unica eccezione: l’autista polacco del tir, Łukasz Urban, ucciso a colpi di pistola dall’attentatore Anis Amri. «Non c’è importo che possa pagare la morte di nostra figlia, ma un risarcimento significherebbe ammettere le responsabilità per non aver fermato un criminale noto da anni e per non aver preso precauzioni, come le barriere installate dopo l’attentato», spiega la madre di Fabrizia al Corriere della Sera.