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CITTA' DEL VATICANOPapa Francesco: "Un tempo Dio è stato bambino, vuol dire tanto"

30.12.15 - 17:29
È il Dio che papa Francesco ricorda nell'ultima udienza generale del 2015, l'anno della misericordia
Papa Francesco: "Un tempo Dio è stato bambino, vuol dire tanto"
È il Dio che papa Francesco ricorda nell'ultima udienza generale del 2015, l'anno della misericordia

CITTÀ DEL VATICANO - È il Dio bambino, della tenerezza, del sorriso per la certezza di essere amato, il Dio del presepe. Il Dio di Betlemme, e di Nazaret come "luogo accogliente, pieno di amore, di comprensione e di perdono". È il Dio che papa Francesco ricorda nell'ultima udienza generale del 2015, l'anno della misericordia: ci sarà un motivo, si chiede, se c'è stato un tempo in cui Dio è stato un bambino.

"Un giorno un pò freddo, eh?", esordisce papa Bergoglio, che indossa cappotto e sciarpa ed è giunto sul sagrato dopo un ampio giro in jeep scoperta tra i circa diecimila in piazza, pochi, ma festosi e chiassosi per tanti, tanti gruppi di giovani focolarini, l'Italia è idealmente rappresentata da Nord a Sud, con Vittorio Veneto e Monreale, i messicani fanno le prove generali per l'arrivo del Papa nel loro paese, in febbraio; lui lo sa, e commenta: "ci sono tanti messicani, oggi". Papa Francesco dunque prende le mosse dal presepe, "bella tradizione" che, è "sicuro" "ancora tante famiglie hanno fatto". E dal bambino Gesù, per il quale tanti santi e sante hanno mostrato devozione, e tra questi santa Teresa di Lisieux, "che ha portato il nome del bambino Gesù, lei che è dottore della Chiesa - rimarca il Pontefice - ha saputo vivere e testimoniare questa infanzia spirituale". Dai santi, ai nonni e i genitori: è bello il loro atteggiamento di "guardare ai bambini, cosa fanno". E "se sappiamo poco di Gesù bambino, possiamo imparare molto di lui se guardiamo alla vita dei bambini". Tre elementi in particolare: i bimbi vogliono attenzione, sorridono se li abbracci, e amano giocare. "Scopriamo anzitutto, - osserva il Papa - che i bambini vogliono la nostra attenzione. Loro devono stare al centro perché? Perché sono orgogliosi? No! Perché hanno bisogno di sentirsi protetti. È necessario anche per noi - aggiunge - porre al centro della nostra vita Gesù e sapere, anche se può sembrare paradossale, che abbiamo la responsabilità di proteggerlo. Vuole stare tra le nostre braccia, desidera essere accudito e poter fissare il suo sguardo nel nostro. Inoltre, far sorridere Gesù bambino per dimostrargli il nostro amore e la nostra gioia perché lui è in mezzo a noi. Il suo sorriso è segno dell'amore che ci dà certezza di essere amati. I bambini, infine, amano giocare. Far giocare un bambino, però, significa abbandonare la nostra logica per entrare nella sua. Se vogliamo che si diverta è necessario capire cosa piace a lui, e non essere egoisti e far fare loro le cose che piacciono a noi. È un insegnamento per noi". "Davanti a Gesù - commenta il Pontefice - siamo chiamati ad abbandonare la nostra pretesa di autonomia, e questo è il nocciolo del problema, eh?: la nostra pretesa di autonomia, per accogliere invece la vera forma di libertà, che consiste nel conoscere chi abbiamo dinanzi e servirlo. Lui, bambino, è il figlio di Dio che viene a salvarci. È venuto tra di noi per mostrarci il volto del Padre ricco di amore e di misericordia".

ats ansa

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