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REGNO UNITO / UNIONE EUROPEAWelfare, l'Unione europea dà ragione a Londra

06.10.15 - 12:56
Alcune prestazioni sociali è giusto che possano essere negate ai cittadini europei residenti nel Regno Unito. L'avvocato Ue: "Necessità di tutelare le finanze dello Stato membro ospitante"
Welfare, l'Unione europea dà ragione a Londra
Alcune prestazioni sociali è giusto che possano essere negate ai cittadini europei residenti nel Regno Unito. L'avvocato Ue: "Necessità di tutelare le finanze dello Stato membro ospitante"

BRUXELLES / LONDRA - È giusto che la Gran Bretagna neghi l'accesso ad alcune prestazioni sociali, come gli assegni familiari, ai cittadini europei che non hanno il diritto di soggiorno, come le persone senza un lavoro o un reddito proprio. È la conclusione a cui giunge l'avvocato generale della Corte Ue, che propone a Lussemburgo di respingere il ricorso presentato dalla Commissione Ue dopo le denunce di diversi espatriati

"La necessità di tutelare le finanze dello Stato membro ospitante", afferma l'avvocato generale Pedro Cruz Villalon, "giustifica il controllo, nella procedura di concessione di determinate prestazioni sociali, della regolarità del soggiorno dei richiedenti in detto Stato conformemente al diritto dell'Unione".

La legislazione britannica, oltre alla residenza abituale sul territorio nazionale, richiede infatti un ulteriore esame nel merito da parte dell'amministrazione per stabilire il diritto ad alcuni benefit sociali come gli assegni familiari per i figli a carico.

Si tratta sostanzialmente di valutare se chi ne fa richiesta abbia un lavoro o comunque un reddito adeguato. La Commissione "ritiene che siffatto requisito sia discriminatorio e contrario allo spirito" delle regole Ue, il quale prende in considerazione unicamente la residenza abituale del richiedente.

Il Regno Unito, invece, sostiene che il suo sistema nazionale non è discriminatorio e che, in ogni caso, il requisito del diritto di soggiorno è una "misura proporzionata al fine di garantire che le prestazioni siano erogate a persone sufficientemente integrate" nel Paese.

L'avvocato generale dà quindi ragione a Londra, in quanto ritiene che di per sé "la normativa del Regno Unito non impone un requisito supplementare a quello della residenza abituale, trattandosi invece di esaminare la regolarità del soggiorno quale risulta dal diritto dell'Unione nel contesto della concessione di determinate prestazioni sociali".

ats ansa

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