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ISLANDAL’Islanda chiede più rifugiati: “Tutti potremmo diventare profughi”

02.09.15 - 07:30
In "centinaia" pronti a ospitarli in casa. La promotrice dell'iniziativa ci spiega perché un piccolo Paese senza obblighi voglia fare di più
L’Islanda chiede più rifugiati: “Tutti potremmo diventare profughi”
In "centinaia" pronti a ospitarli in casa. La promotrice dell'iniziativa ci spiega perché un piccolo Paese senza obblighi voglia fare di più

REYKJAVÍK - Mentre gli Stati dell’Unione Europea stentano a mettersi d’accordo sulla ripartizione dei profughi siriani, dallo sperduto angolo di Atlantico in cui si trova, l’Islanda ha iniziato a invocarne di più.

Lo sta facendo attraverso una pagina Facebook che ha raccolto in pochi giorni più di 13mila adesioni. S’intitola “Cara Eygló Harðar, la Siria chiama” e si rivolge alla locale ministra degli Affari sociali Eygló Harðardóttir, spronandola ad accogliere un numero maggiore di rifugiati siriani rispetto ai 50 che il governo ha annunciato di poter ricevere.

A lanciarla è stata Bryndís Björgvinsdóttir, classe 1982, scrittrice e docente all’Accademia delle arti islandese. «Vogliamo mostrare al governo che gli islandesi sono disponibili ad accogliere più di 50 profughi», spiega Björgvinsdóttir. Quanti, fra i 13mila membri della pagina, sarebbero pronti a ospitarne a casa propria come suggeriscono i primi post? «Direi che sono alcune centinaia quelli disponibili a farlo, ma moltissimi altri offrono cibo, vestiti, mobili e tempo per aiutare i rifugiati a integrarsi», risponde la promotrice.

Siete all’estremo nord dell’Atlantico e non fate nemmeno parte dell’Ue, nessuno vi imporrebbe di accogliere più rifugiati. Cosa vi spinge a farlo? «Dobbiamo partecipare alla vita della comunità internazionale, essere più aperti e farlo in fretta perché è una situazione di emergenza», sottolinea. Per Björgvinsdóttir, in particolare, bisogna dare perché, un giorno, ci si potrebbe trovare in condizione di chiedere: «Tutti possono essere costretti a scappare dal proprio Paese. Noi, per esempio, viviamo su un’isola vulcanica e un’eruzione potrebbe trasformarci tutti in profughi».

Björgvinsdóttir e il gruppo di “Kæra Eygló Harðar” non si prefiggono un numero preciso di rifugiati da accogliere nel Paese, che ha più o meno la popolazione del Ticino (323mila abitanti) ed è grande più del doppio della Svizzera. “Anche la Croce rossa islandese conferma che possiamo senz’altro accogliere più richiedenti l’asilo – premette la promotrice –: 100, 200, 500, mille persone? Non sta a me dirlo, ma l’importante è che il governo capisca che si può fare di più”.

L’iniziativa, comunque, ha già prodotto effetti concreti. Proprio la Croce Rossa Islandese scriveva ieri su Facebook: “Vorremmo esprimere la nostra gratitudine a chi ha chiesto di diventare un volontario per assistere i rifugiati siriani attesi nel Paese. In sole 48 ore si è annunciato un numero record di persone, più di 900: per un Paese che conta normalmente 2800 volontari attivi è una cifra impressionante”.

Sulla pagina dell’iniziativa, certo, non mancano nemmeno le voci critiche. «Perché tutte le persone iscritte qui non offrono lo stesso aiuto anche agli islandesi in difficoltà?», si chiede per esempio T.G. “Penso che le persone non si rendano conto dei problemi che comporta accettare più di 50 rifugiati – le fa eco K.J.G. –. Non si tratta solo di donare abiti e case”. O.K. conclude: “Non bisognerebbe prima pensare a tutti i giovani islandesi che emigrano verso la Norvegia? Dopo che abbiamo risolto questo, pensiamo ai rifugiati. Non prima!”

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