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ITALIAIl pizzino resiste

03.08.15 - 20:36
Nell'epoca della tecnologia moderna continuano ad essere preferiti i pizzini. Lo dimostra il caso di Matteo Messina Denaro
Il pizzino resiste
Nell'epoca della tecnologia moderna continuano ad essere preferiti i pizzini. Lo dimostra il caso di Matteo Messina Denaro

ROMA - Quelli di Bernardo Provenzano, recordman nella storia delle latitanze mafiose, sono ormai storia. Letti e riletti quando lo Stato gli dava la caccia, studiati e interpretati dopo la cattura. Nella vulgata sono ormai noti come "pizzini".

Introdotti dalla classica formula di saluti "con l'augurio che la presente vi trovi tutti in ottima salute come grazie a Dio al momento posso dire di me", fitti di ordini, disposizioni ai "picciotti", spesso risolutivi di controversie.

A volte dai toni filosofico-religiosi. Nel covo di Montagna dei Cavalli, a poche centinaia di metri in linea d'aria dalla casa dei suoi a Corleone, nel giorno dell'arresto ne furono trovati decine. Il padrino li conservava tutti. Per aiuto alla memoria, vista l'età. Ma anche come garanzia nel caso di problemi con i suoi.

Sono trascorsi anni dall'11 aprile del 2006, giorno in cui terminò la lunghissima latitanza di Bernardo Provenzano. Ma l'ultimo capomafia ricercato, Matteo Messina Denaro, altra generazione, altro "stile", a skype, ai cellulari e alla tecnologia moderna continua a preferire i pizzini. Scritti a mano (e non a macchina come faceva il boss corleonese) da un uomo d'onore a lui fedele mai identificato - sempre lo stesso per non ingenerare incomprensioni -, ripiegati decine di volte e sigillati con lo scotch. In modo tale che nessuno possa leggerne il contenuto che, però, spesso atterrebbe a questioni familiari.

A differenza dello zio Binnu di Corleone, però, Matteo Messina Denaro ha adottato una regola inderogabile che recita: leggi e distruggi. È per questo che solo pochissimi bigliettini del capomafia trapanese sono finiti, nel tempo, nelle mani degli inquirenti.

Nell'ultima indagine della Dda di Palermo, coordinata dai pm Paolo Guido e Carlo Marzella, che oggi ha portato in carcere 11 favoreggiatori del padrino di Castelvetrano, gli inquirenti sono arrivati vicinissimi a mettere la mani su una corrispondenza che potrebbe portare finalmente le forze dell'ordine sulle tracce del latitante.

Ma la cautela dei "postini" del boss e la difficoltà di seguire lo scambio delle lettere, che passano di mano in mano tra campagne e contrade dove i pedinamenti sono praticamente impossibili, hanno ancora una volta protetto la comunicazione di Messina Denaro. Neppure un pizzino, infatti, è venuto fuori in oltre due anni di indagine.

Ci sono i filmati dei "collettori" dei biglietti del padrino che si danno un gran da fare per smistarne i diktat, arrivando a nasconderli sotto terra, e assicurandosi della celerità e della regolarità delle consegne. Ma null'altro.

Dalle intercettazioni emerge chiaramente che il destinatario finale è Messina Denaro, "Matteo", sussurrano i suoi, e la rete dei favoreggiatori è scoperta. Ma fino a un certo livello. Mancano alcuni passaggi. E poi agli inizi del 2014 la comunicazione si interrompe.

Il boss potrebbe avere lasciato la Sicilia o l'Italia, ipotizzano alcuni inquirenti. O avere soltanto deciso di cambiare i suoi canali.

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